Una “piccola Chiesa” che “ogni giorno” fa “l’esperienza della minoranza”. Con queste parole monsignor Giuseppe Pasotto, amministratore apostolico dei latini in Caucaso, ha presentato a papa Francesco la comunità da lui guidata, in occasione dell’incontro del Pontefice con il clero, i religiosi, i seminaristi e gli agenti pastorali nella Chiesa dell’Assunzione in Tbilisi.
L’identità di Chiesa come “minoranza” consente di poter “cogliere anche molte opportunità come la libertà interiore, perché non si hanno tante cose da difendere, la capacità di intuire subito ciò che è essenziale e indispensabile, perché non ci si può adagiare e bisogna essere sempre tesi verso ciò che è primario”, ha affermato il presule.
“Una grande opportunità che abbiamo è anche il comprendere meglio chi è in minoranza come noi”, ha aggiunto monsignor Pasotto, sottolineando, però, che “qualche volta è proprio dura” e “si può cadere facilmente nel pessimismo e nella lamentela creando in noi il senso della vittima, dimenticandoci che ogni situazione è grazia, possibilità che viene da Dio per farci crescere”.
L’auspicio dell’Amministratore Apostolico è che si possa “mostrare un volto di Chiesa serena, ecumenica, ricolma di Spirito Santo, e che proprio in forza dello Spirito sia una rete di unità, non si stanchi di costruire ponti che avvicinino e favoriscano la pace in questa terra caucasica”.
Sono poi intervenuti, un presbitero armeno, un seminarista, una madre di famiglia e un giovane laico.
Il sacerdote ha espresso la sua gioia per aver potuto, per la terza volta in un anno, incontrare il Santo Padre, dopo le sue visite pastorali in Armenia e in Polonia. Ringraziando il Papa per la “sollecitudine e vicinanza” mostrata verso la chiesa armena, ha ricordato che la Georgia è stata “la terra nativa del nostro primo santo Martire, san Vartan Mamigonian, che ha sacrificato la sua vita, insieme ai suoi compagni, per difendere la fede cristiana”: quella stessa fede che “ha spinto migliaia di cattolici armeni a recarsi, da diversi villaggi della Georgia, per incontrare il Successore di Pietro ed esprimergli amore e riconoscenza”.
Il seminarista ha raccontato di una vocazione fiorita a soli 9 anni, sull’esempio di un missionario polacco, padre Jerzy Szymerowski, giunto con altri sacerdoti e religiosi in Georgia, per servire la chiesa locale dopo la caduta del comunismo.
La presenza di questi missionari, ha spiegato il seminarista, è accompagnata “dal desiderio di impiantare al più presto una Chiesa locale che possa camminare con le proprie gambe”, sebbene il cammino da fare sia “ancora lungo”, “lento e difficile”, specie per ciò che riguarda i rapporti ecumenici e il “lavoro pastorale”.
In mezzo a tanti ostacoli, tuttavia, non mancano le opportunità come, ad esempio, l’Università “Sulkhan Saba Orbelliani”, provvista di una facoltà di teologia, dove studiano i seminaristi locali, fianco a fianco con un migliaio di giovani ortodossi. “È una università stimata a livello pubblico e che permette alla nostra Chiesa di creare ponti in diverse direzioni”, ha spiegato il seminarista.
Ha poi testimoniato Irina, sposata con Zurab e madre di due figli, che ha ringraziato Francesco “per la Sua attenzione alla realtà della famiglia cristiana e in particolare per la sua Esortazione apostolica Amoris laetitia”.
In Georgia, ha spiegato la signora, “la famiglia, pur se sostenuta ancora da molti valori tradizionali, incontra varie difficoltà”, rappresentate, ad esempio, dalla “povertà”, da una cultura che incoraggia le separazioni (frequenti nella chiesa ortodossa), dalla “globalizzazione che non tiene conto dei valori locali”, dalle “nuove visioni della sessualità come la teoria del gender”, dalla “emarginazione della visione cristiana della vita, in particolare della nostra scelta di educare come cattolici i nostri figli”.
Al Santo Padre, Irina ha illustrato l’attività della Commissione per la Famiglia della chiesa georgiana, la quale, in particolare, “sta aiutando le coppie a riscoprire la propria realtà sacramentale per vivere più pienamente la ricchezza che portano in sé e che Lei, nell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, ci ha ricordato”.
Inoltre, tale commissione “da anni si impegna a far conoscere i metodi naturali per la regolazione delle nascite e la bellezza della fecondità secondo la visione cristiana” e a far riscoprire il matrimonio come sacramento per l’evangelizzazione, come forza di testimonianza della Chiesa”.
È infine intervenuto il 23enne Kakha, membro del Consiglio dei giovani cattolici georgiani. “Sì, la giovinezza è l’età tipica che fa guardare avanti con fiducia e speranza, ma è anche il periodo in cui nascono dubbi e scoraggiamenti”, ha raccontato.
“I grandi ideali che abbiamo nel cuore, e che spesso sono radicati nel Vangelo – ha proseguito il giovane – si scontrano con la dura realtà quotidiana; e ci accorgiamo di cadere nella tentazione di adeguarci alla massa, e così tra noi c’è chi preferisce stare dove c’è più sicurezza e comodità, dove non si corrono rischi e non viene chiesto di volare in alto sfidando la legge della gravità”.
Pur consapevoli del loro scarso numero e della propria “fragilità”, i giovani georgiani sentono che “grande è la chiamata che ci fa il Signore” a “mostrare una Chiesa aperta, attenta a non chiudersi e a non considerarsi perfetta e unica, una Chiesa che crea relazioni disinteressate e si fa solidale rendendo concreto l’amore di Cristo”.
Nonostante la ricorrente “sensazione di essere soli, sbattendo contro muri di incomprensione”, a nome dei suoi coetanei, Kakha ha concluso dicendo al Papa: “Il Suo essere tra noi ci dà forza, ci fa sentire parte della famiglia universale e ci incoraggia nella nostra identità di cattolici. Vogliamo essere degni figli della Chiesa che Lei guida e esserlo con fierezza e senza paure”.
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