Maribé Ruscica da Buenos Aires
Il prossimo 16 ottobre sarà canonizzato il sacerdote Josè Gabriel del Rosario Brochero, un pastore “con l’odore delle pecore” che diventerà il primo santo nato e morto in Argentina. Venuto al mondo nel 1840 nella provincia di Cordoba – vicino alla località di Santa Rosa del Rio Primero – e ricordato con il suo cappellino a tese larghe, il rosario e il breviario nelle mani e in sella alla sua mula “Malacara”, il padre Brochero è un simbolo della vita sacerdotale “in uscita” e della sintesi perfetta tra l’amore per Dio e l’impegno perché la gente abbia una vita più degna.
Impegno evangelico. La storia della provincia di Cordoba, in particolare quella della zona di “Traslasierra” (oltre le colline) rivela quanto ebbe a faticare il “Cura” Brochero, a partire dal suo impegno evangelico, perché esistessero nella sua amata “Pampa di Achala” strade e treni, scuole, acquedotti. “Brochero ha scoperto – dichiara il vescovo della diocesi di Cruz del Eje (Cordoba), monsignor Santiago Olivera (nel suo libro “Cura Brochero, Pastor con olor a oveja”) – che la trasformazione della società e il progresso, anche se materiale, erano legati al progresso spirituale”. “Il Vangelo è stato per lui culmine e punto di partenza”, scrive il presule, e questo l’ha dimostrato attraverso gli Esercizi spirituali che conobbe dopo il ritorno dei gesuiti a Cordoba nel 1859 e che scelse come prezioso metodo di evangelizzazione. Brochero – afferma monsignor Olivera –
“è stato un uomo che, dall’identità profonda della sua fede, si è impegnato nella costruzione di un Paese nel quale tutti, perfino i più lontani, potessero sentirsi inclusi”.
Il prete di paese. Anche se non riuscì a fare costruire il ramo ferroviario “Soto-Villa Dolores” nella provincia di Cordoba (il suo più grande desiderio), le sue opere in favore dello sviluppo e la dignità della sua gente sono state tante. “Manca un falegname? Lui è falegname. Manca un ‘peòn’? Lui è ‘peòn’. Arrotola la tonaca ovunque sia , prende la pala o la zappa e apre una via pubblica in quindici giorni, aiutato dai fedeli. Manca tutto? Lui è tutto! E lo fa con il sorriso sulle labbra e la soddisfazione nell’anima, per la maggiore gloria di Dio e a beneficio degli uomini”, scrive un giornalista nel 1887 su un quotidiano di Cordoba citato dalla storica Liliana Denaro nel libro “Il prete di paese, Josè Gabriel Brochero”. Sia il viaggio “missionario” di vari giorni delle sedici Suore dell’ordine “Schiave del Cuore di Gesù” che nel 1880 arrivarono in mula o a cavallo – dalla città di Cordoba – per gestire il “Colegio de Niñas” costruito da Brochero nella località “Villa Nuestra Señora del Trànsito”, sia il soggiorno dei gruppi fino a 800 persone da lui invitati dal 1877 per fare gli Esercizi ignaziani sono documentati attraverso fotografie, oggetti e pubblicazioni dell’epoca nella casa di Esercizi spirituali che oggi è divenuta museo nell’attuale “Villa Cura Brochero”.
Ma sono le sue lettere, l’umile lettino e il piccolo altare davanti al quale il padre Brochero – cieco e colpito dalla lebra – recitava la Messa a memoria negli ultimi anni della sua vita, a toccare in profondità il cuore di chiunque cerchi di capire cosa significa andare “verso le periferie esistenziali”.
Un precursore. “Se guardiamo la sua vita troveremo riflesso un esempio vivo per ogni sacerdote, un esempio concreto e profetico di quel che il nostro popolo desidera vedere realizzato nei propri pastori”, hanno affermato i vescovi della provincia di Cordoba in un messaggio scritto nel 2012, in occasione dell’annuncio della beatificazione del Cura Brochero. “Un segno del suo stile sacerdotale è stata la chiara consapevolezza che Dio è la fonte autentica della dignità umana e che predicare Cristo è pertanto sospingere ogni uomo verso una vita più degna e umana. Nella sua mente e nel suo cuore di pastore, evangelizzazione e promozione umana formavano un binomio inseparabile. A differenza di molti sacerdoti dell’epoca, il padre Brochero comprese la sua missione in un modo ampio, integrale, senza limitarsi ai sacramenti. Il suo zelo evangelizzatore l’ha portato a migliorare le condizioni di vita dei suoi fedeli: telegrafo, stampa, scuole pubbliche, strade, progetti per la ferrovia e per la costruzione di una diga, promozione del turismo, istruzione per le donne…”. Già nel mese di gennaio del 1964, in pieno sviluppo del Concilio Vaticano II, l’episcopato argentino accese i riflettori sulla figura esemplare del padre Brochero: “Come tutti i grandi uomini, Brochero è stato un precursore. Era in avanti nelle idee e nei metodi pastorali e missionari del suo tempo, cercava nuovi modi di trasmettere integramente il messaggio cristiano”. Oggi è monsignor Santiago Olivera, vescovo delle terre “brocheriane” dal 2008, ad affermare:
“Padre Brochero ha vissuto più di cent’anni fa quelli che noi vescovi proponiamo oggi come atteggiamenti pastorali: l’entusiasmo, l’allegria e la vicinanza”.
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