Presente anche il Vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, Mons. Carlo Bresciani.
“La pastorale vocazionale – ha premesso – è imparare lo stile di Gesù, che passa nei luoghi della vita quotidiana, si ferma senza fretta e, guardando i fratelli con misericordia, li conduce all’incontro con Dio Padre”.
Quindi, innanzitutto, uscire “dalle nostre rigidità che ci rendono incapaci di comunicare la gioia del Vangelo, dalle formule standardizzate che spesso risultano anacronistiche, dalle analisi preconcette che incasellano la vita delle persone in freddi schemi”. “La pastorale vocazionale – ha precisato – ha bisogno di una Chiesa in movimento, capace di allargare i propri confini, misurandoli non sulla ristrettezza dei calcoli umani o sulla paura di sbagliare, ma sulla misura larga del cuore misericordioso di Dio”.
E, rivolgendosi “soprattutto ai pastori della Chiesa, ai Vescovi e ai Sacerdoti”, Papa Francesco ha ricordato loro: “Uscendo, ascoltando i giovani, potete aiutarli a discernere i movimenti del loro cuore e a orientare i loro passi”. “È triste – ha aggiunto – quando un prete vive solo per sé stesso, chiudendosi nella fortezza sicura della canonica, della sacrestia o del gruppo ristretto dei ‘fedelissimi’. Al contrario, siamo chiamati a essere pastori in mezzo al popolo, capaci di animare una pastorale dell’incontro e di spendere tempo per accogliere e ascoltare tutti, specialmente i giovani”.
“Quando si tratta delle vocazioni sacerdotali e dell’ingresso in Seminario, vi prego di fare discernimento nella verità, di avere uno sguardo accorto e cauto, senza leggerezze o superficialità. Lo dico in particolare ai fratelli vescovi: vigilanza e prudenza. La Chiesa e il mondo hanno bisogno di sacerdoti maturi ed equilibrati, di pastori intrepidi e generosi, capaci di vicinanza, ascolto e misericordia”. Papa Francesco ha inoltre ricordato che “la vocazione inizia da uno sguardo di misericordia che si è posato su di me”. È, questo, il secondo pilastro (vedere) che deve animare la pastorale vocazionale. E “allo stesso modo immagino lo sguardo di ogni pastore: attento, non frettoloso, capace di fermarsi e leggere in profondità, di entrare nella vita dell’altro senza farlo sentire mai né minacciato né giudicato. È uno sguardo, quello del pastore, capace di suscitare stupore per il Vangelo, di svegliare dal torpore in cui la cultura del consumismo e della superficialità ci immerge e di suscitare domande autentiche di felicità, soprattutto nei giovani. È uno sguardo di discernimento”.