Anche per la Chiesa del Venezuela la visita privata a sorpresa del presidente Nicolas Maduro a Papa Francesco, ieri sera, è stata decisamente inaspettata. Un gesto che apre nuove speranze per l’apertura di un dialogo tra governo e opposizione, a fronte di una grave crisi politica, sociale ed economica che sta colpendo il Paese. Un popolo che sta soffrendo la fame, in preda alla violenza e all’insicurezza, con continue proteste di piazza e una gigantesca raccolta di firme che chiede un referendum per la destituzione del presidente (che Maduro ha bloccato e rimandato all’anno prossimo). Il presidente della Conferenza episcopale del Venezuela monsignor Diego Padrón, arcivescovo di Cumanà, ribadisce però una posizione: il dialogo è fondamentale per risolvere le questioni più importanti ma il referendum si deve fare, per rispettare la volontà del popolo e la Costituzione.
Monsignor Padròn, anche per lei la visita del presidente Maduro al Papa è stata inaspettata?
L’ho saputo ieri ed è stata una sorpresa anche per me. Sapevo solo che Maduro era in Russia, questo vuol dire che ha fatto un cambio di programma nel suo viaggio e ha deciso di venire a Roma a causa delle circostanze che viviamo oggi in Venezuela, cioè la crisi sociale e politica nel Paese. Sono molto felice per questa visita al Papa. Penso possa essere una risposta alla lettera che il Papa ha inviato questa estate a Maduro, ma alla quale il presidente non aveva ancora risposto.
In un messaggio ufficiale Maduro ha parlato di una “riunione privata con profonda spiritualità”: è trapelato qualcosa su ciò che si sono detti?
No perché è stato un colloquio privato.
Per la Chiesa del Venezuela è un segnale di speranza?
Senz’altro. E’ un passo molto positivo. In questo cammino inizialmente il nunzio in Argentina Paul Emil Tscherrig, rappresentante del Papa, aveva parlato di sondare le volontà delle due parti sulla serietà del dialogo. Dopo l’incontro del presidente Maduro con Papa Francesco c’è stato un salto di qualità: la prossima domenica, 30 ottobre, si svolgerà un incontro che rappresenterà un passo in avanti nella ricerca del dialogo, che non è ancora cominciato formalmente. Saranno messi sul tavolo soltanto i temi più importanti. Sarà sicuramente una opportunità per mettersi d’accorso su alcune questioni essenziali.
Chi parteciperà all’incontro del 30 ottobre?
Finora ho saputo che ci saranno, per conto del governo, il sindaco di Caracas Jorge Rodriguez, l’ex ministro degli affari esteri Elías Jaua Milano, il rappresentante del Venezuela all’Onu Roy Chaderton. Da parte dell’opposizione ci sarà il segretario della Mesa de la Unidad Democrática e altre due persone di cui non ricordo il nome, tra cui il secondo vicepresidente dell’assemblea nazionale. Ci saranno anche i rappresentanti della Chiesa, il nunzio apostolico in Venezuela mons. Aldo Giordano e il nunzio apostolico in Argentina mons. Paul Emil Tscherrig.
E’ quindi un momento molto delicato ed importante per il Venezuela.
Sì certo.
L’aspetto più importante è ricordare che il dialogo non dovrà essere inteso in sostituzione al referendum revocatorio, altrimenti sarebbe contrario ad un diritto stabilito dalla Costituzione.
Non possiamo perdere questo diritto. Se il popolo elegge i propri rappresentanti e lo stesso presidente, allo stesso modo ha il diritto di revocarli quando pensa sia opportuno. Togliere la facoltà di revocazione equivale a togliere la capacità di eleggere il presidente. Sarebbe un attentato contro la libertà del popolo e un colpo durissimo alla democrazia.
Voi quindi continuerete a chiedere che si faccia il referendum per la destituzione del presidente Maduro?
Certo il referendum revocatorio non può essere sostituito dal dialogo.
Il popolo sta chiedendo a voce alta, urlando, un cambiamento nella direzione politica del Paese.
Mai il dialogo può essere un modo per mettere a tacere la protesta, che è costituzionale ed è un diritto del popolo. Il dialogo serve affinché il governo si metta pienamente sul solco dalla Costituzione perché attualmente non la sta rispettando. Tutti i vescovi sono saldi nella convinzione di lavorare insieme, nella speranza che il popolo può essere più forte del governo.
Pensa che Maduro abbia accolto le parole di Papa Francesco?
Non ne sono sicuro perché come non aveva risposto alla lettera del Papa, allo stesso modo potrebbe aver ascoltato senza voler dare credito alle sue parole.
La popolazione venezuelana sta soffrendo da tempo a causa della crisi alimentare, umanitaria e della violenza. Com’è ora la situazione, è cambiato qualcosa?
E’ cambiato ma in peggio. Oggi il malessere è più esteso, la scarsità di beni è enorme, l’angoscia e l’incertezza del popolo sono grandissime e non abbiamo la possibilità di trovare ciò che è essenziale per vivere.
E’ stato concesso l’ingresso di farmaci dall’estero, come da voi richiesto?
Nessuna concessione. Non conviene al governo parlare di crisi, non vuole pronunciare la parola crisi umanitaria, crisi alimentare, sanitaria. Non ne vuole sapere nulla.
E alla frontiera con la Colombia, dove molti venezuelani cercano di reperire beni essenziali?
E’ peggio che nel resto del Paese. E’ una situazione veramente tragica perché c’è una violenza senza precedenti.
Qual è il suo auspicio finale?
Ci auguriamo che il governo sia disponibile ad un dialogo serio.