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Alla ricerca della pace, “senza lasciarsi abbattere dalla diversità”

Zenit di Luca Marcolivio

Dopo l’ecumenismo della fede, oggetto della sua omelia nella cattedrale luterana di Lund, nel corso dell’incontro alla Malmö Arena, papa Francesco ha spostato l’attenzione sull’ecumenismo della carità.

Un pubblico variegato ha accolto il Vescovo di Roma nella quarta tappa della sua visita pastorale in Svezia: a fare gli onori di casa, il segretario generale della Lutheran World Federation (LWF), il reverendo Martín Junge, alla presenza – tra gli altri – del presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, il cardinale Kurt Koch.

C’è spazio anche per le chiese mediorientali alla Malmö Arena: il Vescovo Munib Yunan, leader della comunità luterana della Giordania, il vescovo caldeo di Aleppo, monsignor Antoine Audo. Poi le testimonianze dei laici e del clero di tutto il mondo: una giovane indiana, un sacerdote colombiano, una donna dal Burundi e una rifugiata dal Sud Sudan; tutti uniti dal comune impegno nella solidarietà.

Dopo aver fatto ingresso nello stadio a bordo di una vettura elettrica, con canti in latino sullo sfondo, il Santo Padre ha ribadito gli scopi della sua vita: nella commemorazione congiunta dei 500 anni della Riforma, con la “consapevolezza che l’unità tra i cristiani è una priorità”, cattolici e luterani hanno confermato il loro “desiderio di camminare verso la comunione piena”, ha detto il Pontefice.

La dichiarazione comune Together in Hope sottoscritta alla fine dell’incontro dalla Caritas Internationalis e dalla LWF, ha poi spiegato, servirà a “sviluppare e consolidare una cultura di collaborazione per la promozione della dignità umana e della giustizia sociale”.

Di seguito, il Papa ha commentato una per una tutte le quattro testimonianze che l’hanno preceduto, a partire da quella dell’indiana Pranita, con il suo riferimento alla “creazione” come “manifestazione dell’immenso amore di Dio verso di noi”.

Condividendo la “costernazione” della sua interlocutrice “per gli abusi che danneggiano il pianeta” e che “producono gravi conseguenze anche sul clima”, Francesco ha ricordato che “tutti siamo responsabili della salvaguardia del creato, in modo particolare noi cristiani”, tenuti come siamo a comportamenti “coerenti con la nostra fede” e a “coltivare un’armonia con noi stessi e con gli altri, ma anche con Dio e con l’opera delle sue mani”.

Da parte sua, monsignor Héctor Fabio ha raccontato al Santo Padre il “lavoro congiunto che cattolici e luterani svolgono in Colombia”. Compiacendosi del fatto che “i cristiani si uniscono per dar vita a processi comunitari e sociali di comune interesse”, Bergoglio ha chiesto “una speciale preghiera per quella terra meravigliosa affinché, con la collaborazione di tutti, si possa giungere finalmente alla pace, tanto desiderata e necessaria per una degna convivenza umana”.

I temi dell’infanzia violata e dell’impegno per la pace, sono stati sollevati dall’africana Marguerite. “Quello che tu consideri come una missione – le ha detto il Pontefice – è stato un seme che ha prodotto frutti abbondanti, e oggi, grazie a questo seme, migliaia di bambini possono studiare, crescere e recuperare la salute”.

La giovane burundese ha confidato a Francesco di essersi sentita definire una “pazzia” il suo impegno per la pace, oggi portato avanti dall’esilio. “Certo, è la pazzia dell’amore a Dio e al prossimo. Magari questa pazzia potesse propagarsi, illuminata dalla fede e dalla fiducia nella Provvidenza!”, ha commentato il Papa incoraggiando Marguerite a proseguire nel suo cammino.

È ancora dall’Africa che proviene la testimonianza di Rose, la quale, attraverso lo sport, “invece di sprecare le sue forze in situazioni avverse, le ha impiegate in una vita feconda”. Ci sono tanti giovani al mondo “che hanno bisogno di testimonianze come la tua”, ha sottolineato il Pontefice, ricordando che “tutti possono scoprire la meravigliosa condizione di essere figli di Dio e il privilegio di essere benvoluti e amati da Lui”.

Il Santo Padre ha quindi ringraziato Rose per i suoi “sforzi” e i suoi “sacrifici” nell’“incoraggiare altre ragazze a tornare a scuola” e per le sue preghiere quotidiane “per la pace nel giovane Stato del Sudan del Sud, che ne ha tanto bisogno”.

Un ringraziamento è andato dal Papa ai “governi che assistono i rifugiati, i profughi e coloro che chiedono asilo, perché ogni azione in favore di queste persone che hanno necessità di protezione rappresenta un grande gesto di solidarietà e di riconoscimento della loro dignità”, poiché “per noi cristiani è una priorità andare incontro agli scartati e agli emarginati del nostro mondo e rendere tangibile la tenerezza e l’amore misericordioso di Dio, che non scarta nessuno, ma accoglie tutti”.

Nell’annunciare la testimonianza di monsignor Audo, Francesco ha definito “veramente eroico” che, nella “devastazione” che la Siria patisce da cinque anni, “rimangano lì uomini e donne per prestare assistenza materiale e spirituale a chi ne ha necessità”, come lo stesso Vescovo caldeo di Aleppo. Al tempo stesso, il Pontefice ha implorato “la grazia della conversione dei cuori di quelli che detengono la responsabilità dei destini di quella regione”.

Il Santo Padre ha quindi congedato le delegazioni ecumeniche presenti con l’esortazione a non lasciarsi “abbattere dalle diversità” e a portare a casa “l’impegno di fare ogni giorno un gesto di pace e di riconciliazione, per essere testimoni coraggiosi e fedeli di speranza cristiana”.

Redazione: