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Papa Francesco “Non rassegniamoci alle divisioni. Possiamo riparare la storia”

Zenit di Luca Marcolivio

“Non possiamo rassegnarci alla divisione e alla distanza che la separazione ha prodotto tra noi. Abbiamo la possibilità di riparare ad un momento cruciale della nostra storia, superando controversie e malintesi che spesso ci hanno impedito di comprenderci gli uni gli altri”. Prima di fare un passo avanti, Francesco chiede a cattolici e luterani di fare un passo indietro. E cioè di voltare pagina su quei cinque secoli segnati da guerre e chiusure, da paure, divisioni e pregiudizi contro chi professa una fede “con un accento e un linguaggio diversi”.

Non si tratta di dimenticare, spiega Bergoglio nella sua omelia nella Cattedrale di Lund, durante la Preghiera ecumenica fulcro dell’intero viaggio in Svezia per il 500° della Riforma. Si tratta, piuttosto, di rivedere il passato con un “nuovo sguardo”, quello di Dio, non per “realizzare una inattuabile correzione di quanto è accaduto, ma raccontare questa storia in modo diverso”.

Tra canti in varie lingue e con vari strumenti, mentre a battere il tempo è l’orologio astronomico tra i più antichi al mondo, il Pontefice indica dunque la strada per proseguire il pellegrinaggio verso la riconciliazione. Quella che sembrava inimmaginabile fino a qualche decennio fa e che con la firma della Dichiarazione comune sulla giustificazione, firmata ad Augusta nel 1999, ha compiuto un balzo in avanti. Un frutto, questo, del dialogo intavolato da oltre 50 anni fa dalla Federazione Luterana Mondiale e dal Vaticano, su impulso del Concilio.

Come un frutto è l’incontro congiunto di oggi alla presenza del Papa che commemora il momento in cui l’agostiniano Martin Lutero affisse le sue 95 tesi sul portale della chiesa del castello di Wittenberg, in Germania, nel 1517. “Le sue intenzioni erano buone”, ha detto il Papa in altre occasioni prima del viaggio; il problema è che dopo “si è spezzato ciò che mai avrebbe dovuto spezzarsi: l’unità del corpo di Cristo”, come ha sottolineato il pastore Martin Jung, segretario generale della WLF, nella sua omelia durante la preghiera in Cattedrale.

Una colpa che pesa sulle spalle di entrambi. Per questo, afferma Papa Francesco, “dobbiamo guardare con amore e onestà al nostro passato e riconoscere l’errore e chiedere perdono: Dio solo è il giudice. Si deve riconoscere con la stessa onestà e amore che la nostra divisione si allontanava dalla intuizione originaria del popolo di Dio, che aspira naturalmente a rimanere unito”. Tale frattura, aggiunge, “è stata storicamente perpetuata da uomini di potere di questo mondo più che per la volontà del popolo fedele, che sempre e in ogni luogo ha bisogno di essere guidato con sicurezza e tenerezza dal suo Buon Pastore”.

Da entrambe le parti c’era “una sincera volontà di professare e difendere la vera fede”, ma – osserva il Pontefice – “siamo anche consapevoli che ci siamo chiusi in noi stessi per paura o pregiudizio verso la fede che gli altri professano con un accento e un linguaggio diversi”. Era per questo che San Giovanni Paolo II esortava: “Non dobbiamo lasciarci guidare dall’intento di ergerci a giudici della storia, ma unicamente da quello di comprendere meglio gli eventi e di diventare portatori di verità”.

E la verità è che “Dio ha sempre l’iniziativa e che precede qualsiasi risposta umana, nel momento stesso in cui cerca di suscitare tale risposta”. La dottrina della giustificazione, quindi, esprime l’essenza dell’esistenza umana di fronte a Dio che è “il padrone della vigna, e con amore immenso la nutre e la protegge”, dice Bergoglio.

“Lasciamoci commuovere dallo sguardo di Dio; l’unica cosa che egli desidera è che rimaniamo uniti come tralci vivi a suo Figlio Gesù”, esorta. La stessa esperienza spirituale di Lutero “ci interpella e ci ricorda che non possiamo fare nulla senza Dio”. La domanda che tormentava costantemente il monaco ribelle era infatti: “Come posso avere un Dio misericordioso?”.

“In effetti – sottolinea Papa Francesco – la questione del giusto rapporto con Dio è la questione decisiva della vita. Come è noto, Lutero ha scoperto questo Dio misericordioso nella Buona Novella di Gesù Cristo incarnato, morto e risorto”. “Tutta l’idea di Lutero era cristocentrica”, affermò infatti Benedetto XVI durante il viaggio ad Erfurt, la cittadina in cui Lutero visse e studiò teologia.

Concetto ribadito da Bergoglio che invita a riconoscere “con gratitudine” che “la Riforma ha contribuito a dare maggiore centralità alla Sacra Scrittura nella vita della Chiesa”. Attraverso l’ascolto comune della Parola di Dio nelle Scritture, il dialogo tra cattolici e luterani “ha compiuto passi importanti”. E oggi entrambi sono chiamati ad affrontare insieme sfide che riguardano l’intera umanità: la pace, la lotta alla violenza, le sfide del Creato, la povertà.

“Chiediamo al Signore che la sua Parola ci mantenga uniti, perché essa è fonte di nutrimento e di vita; senza la sua ispirazione non possiamo fare nulla”, è la supplica del Pontefice. L’obiettivo è quello esplicato da Cristo durante l’Ultima Cena: “Rimanete in me e io in voi”. “Lui è la vera vite e noi i tralci”, sottolinea il Papa, e “come Egli è unito al Padre, così noi dobbiamo rimanere uniti a lui, se vogliamo portare frutto”.

“Come cristiani saremo testimonianza credibile della misericordia nella misura in cui il perdono, il rinnovamento e la riconciliazione saranno un’esperienza quotidiana tra noi”, rimarca il Papa. “Insieme possiamo annunciare e manifestare concretamente e con gioia la misericordia di Dio, difendendo e servendo la dignità di ogni persona. Senza questo servizio al mondo e nel mondo, la fede cristiana è incompleta”.

Un auspicio che, dopo questa celebrazione, inizia a diventare una realtà concreta. “Oggi luterani e cattolici si abbracciano come fratelli nel Signore”, afferma il pastore Jung. “Luterani e cattolici preghiamo insieme in questa Cattedrale e siamo consapevoli che senza Dio non possiamo fare nulla”, fa eco Bergoglio, “chiediamo il suo aiuto per essere membra vive unite a lui, sempre bisognosi della sua grazia per poter portare insieme la sua Parola al mondo, che ha bisogno della sua tenerezza e della sua misericordia”.

Prima della firma di una Dichiarazione congiunta, un gruppo di bambini porta a turno un cero con cui accendere il grande candelabro posto in fronte al Crocifisso salvadoregno, simbolo del viaggio. Il segno delle nuove generazioni che, in un paese freddo e scristianizzato come la Svezia, vogliono “purificare” il passato e lavorare nel presente per realizzare quel futuro di unità a cui Cristo tanto anela.

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