La presenza dei movimenti popolari in Vaticano “è un segno per il mondo: se ci sarà un futuro dovrà essere fondato sul rispetto della terra, sul riconoscimento dell’ingiustizia strutturale”. La voce di Papa Francesco può “riportare l’equilibrio a favore della terra e dell’umanità in questo tempo di ecocidio e genocidio”. Ne è convinta la leader ecologista e scienziata indiana Vandana Shiva, fondatrice e presidente di Navdanya international, che sta partecipando in questi giorni a Roma (2-5 novembre) al III incontro mondiale dei movimenti popolari, che riunisce 175 delegati di 100 movimenti da tutto il mondo. Ci sono i cartoneros che riciclano la carta in Argentina o in Bolivia, i sem terra del Brasile, gli abitanti degli slums indiani, i sindacalisti ugandesi, i contadini messicani e palestinesi, le donne curde, i rappresentanti della comunità maya del Guatemala, degli aborigeni neozelandesi, i venditori di strada senegalesi che vivono a Barcellona. Una platea colorata e variegata come il mondo che rappresentano: quello degli esclusi, delle comunità che devono lottare, con la forza della partecipazione popolare e della democrazia interna, per il diritto alla terra, all’acqua, al lavoro, alla casa. Filo conduttore che li unisce sono le “tre T” ricordate da Papa Francesco nell’incontro del 2015 in Bolivia, a Santa Cruz de la Sierra: “Tierra, techo e trabajo”. Cioè diritto alla terra, a un’abitazione dignitosa e al lavoro. Al termine dell’incontro verrà stilato un documento finale con una serie di proposte, che saranno consegnate a Papa Francesco sabato pomeriggio, durante l’udienza in Vaticano. Sono attese migliaia di persone, anche dalle organizzazioni italiane.
Vandana Shiva, non è la prima volta che viene in Vaticano…
No. Nel processo che ha portato all’enciclica “Laudato sì” sono stati organizzati diversi incontri con piccoli gruppi di esperti, per discutere su come ridefinire la globalizzazione e andare verso una nuova economia. Sono venuta in Vaticano diverse volte nel 2014 e ho parlato personalmente con il Papa, per dare il mio contributo sul tema della biodiversità, sulla ricchezza dei saperi delle diverse culture. Abbiamo parlato anche di economia e globalizzazione: un unico mercato sotto il controllo di 20 multinazionali.
Quando è stato eletto Papa Francesco in una intervista al Sir aveva espresso molto aspettative, sono state esaudite?
Il suo magistero è andato oltre le mie aspettative. Conosco bene i limiti imposti dalle strutture mondiali, conosco le strutture di violenza che non lavorano per la verità né sono al servizio dell’uomo. Invece Papa Francesco ha detto la verità su ciò che può veramente essere utile al mondo.
Cosa rappresenta oggi la presenza dei movimenti popolari in Vaticano?
La forza della democrazia, oggi più necessaria che mai, è ciò che rende degno di rispetto il lavoro dei movimenti popolari. Il fatto che movimenti da tutto il mondo siano in Vaticano vuol dire che stanno cambiando le strutture di potere stabilite da oltre 500 anni di colonizzazione e criminalizzazione di questi movimenti: ricordiamo che sono stati uccisi il 90% dei nativi americani, che gli africani sono stati catturati come schiavi, che in India l’impero britannico ha ucciso più di 10 milioni di persone per prendere possesso delle terre. La presenza dei movimenti in Vaticano è un segno per il mondo: se ci sarà un futuro dovrà essere fondato sul rispetto della terra, sul riconoscimento dell’ingiustizia strutturale per poter agire in un altro modo. E’ un segnale che rafforza anche il lavoro delle organizzazioni confessionali che vogliono contribuire al cambiamento. Perché una parte delle religioni, la più fondamentalista, è diventata serva del capitalismo e dei poteri forti. Quando parlo di fondamentalismo non intendo i valori o le scritture che sono alla base delle religioni ma l’estremismo, l’intolleranza, l’odio e la paura che alcune frange vogliono inculcare. A volte la religione si è trasformata in un sostegno all’economia della cupidigia.
Quello che sta facendo il Papa, portare i movimenti popolari in Vaticano, significa invece mettere la fede al servizio dell’umanità, che è il compito di ogni religione.
Alla fine dell’incontro ci sarà un documento finale con una serie di proposte che saranno presentate al Papa. Quali sono le sue?
La prima: nella “Laudato sì” il Papa ha detto molto chiaramente che la terra non appartiene all’uomo. Esisteva già prima che noi venissimo ad abitarci. Perciò chiederò di
fermare ogni forma di “land grabbing” (accaparramento di terre), che produce persone senza terra, senza casa, rifugiati e violenza.
La terra, che è la nostra casa comune, deve tornare nelle mani di coloro che se ne prendono cura secondo le istruzioni date dalla terra stessa, come insegnano le culture indigene. La seconda: la biodiversità non è una invenzione di chi è impegnato in quest’ambito. Il mio lavoro di oltre trent’anni mi ha dimostrato che
proteggere la biodiversità è anche un dovere spirituale.
Inventare semi che non esistevano prima è una violenza contro l’integrità della creazione, che fomenta ingiustizia e conduce perfino alla morte, come ha detto anche il Papa. Ricordiamo che 300mila contadini indiani si sono suicidati perché indebitati per comprare sementi Ogm che non si possono riprodurre. La terza proposta: andare oltre un’economia basata su fonti fossili, che ha creato tanti disastri, avvelenato l’agricoltura e il cibo e provocato il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici.
Fermare quindi l’avvelenamento del cibo, che è una violazione dei diritti umani e dei diritti della terra.
L’Europa non riesce a fronteggiare una grave crisi migratoria, che causa migliaia di morti nel Mediterraneo e muri. Cosa ne pensa?
Il 2015 è stato l’Anno del suolo abbiamo scritto un manifesto, intitolato “Terra viva”, per dire che la crisi dei rifugiati è legata alla distruzione del suolo: è il caso della Siria, di Boko Haram in Nigeria. Queste guerre non sono dovute alla decisione delle persone di lottare uno contro l’altro ma sono basate sulla violazione della terra: se la terra diventa invivibile le persone sono costrette a fuggire, mettono in piedi un conflitto e poi i mercanti di armi a livello globale usano il conflitto locale per creare una guerra duratura. Siamo rimasti molto turbati dalla gravità della crisi dei rifugiati nel Mediterraneo. Il mare è una fonte di vita, di festa, non può diventare una tomba per i nostri fratelli, sorelle e per i nostri figli. Non è possibile. Le persone sono costrette a fuggire perché il modello agricolo ed economico imposto alla gente rende le loro case invivibili a causa della desertificazione, dell’inquinamento delle acque. In tutti i Paesi dove si cerca il petrolio, in Medio Oriente, in Libia, Siria, in Iraq, le società sono diventate invivibili. Oggi si parla di militarizzare il Mediterraneo invece di umanizzarlo e farlo tornare di nuovo la culla della civilizzazione.
Noi abbiamo le capacità, in quanto esseri umani, di riportare la pace su questa terra, di vivere insieme in uno stesso pianeta. Abbiamo un grande potenziale.
Ogni movimento popolare sta lavorando per questo. Il Papa, con i suoi scritti e discorsi, conosce il potenziale dell’umanità. Questo è il motivo per cui l’incontro con la voce di Papa Francesco può controbilanciare queste forze disumane e riportare l’equilibrio a favore della terra e dell’umanità in questo tempo di ecocidio e genocidio.