Il romanzo “Il colore prima del blu”
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La macchina fotografica che mio padre usò quella notte non fu mai ritrovata. Queste mie foto, che testimoniano il suggestivo passaggio di un banco di delfini, sbiadiscono di fronte alla storia che mi ha raccontato Sergio il barcaiolo. Scopro che qualunque cosa sogniamo non ha alcun valore se non sappiamo rinunciarvi per un’ideale più grande. È lui, mio padre, il mio unico eroe. È a testa alta che saluto Anna mentre i suoi genitori sono già in auto per ripartire. È vero che non ho rispettato il patto e lei non ha ritrovato sua madre, ma forse la verità è paziente e può attendere.
‹‹Sono sicuro che un giorno tua madre verrà a cercarti.››
‹‹La mia attesa è solo per te,›› dice.
Il suo bacio mi si appiccica addosso per sempre, insieme al suo profumo. Respiro questo istante a pieni polmoni. Diventerà ricordo, di quelli che non si perdono nel tempo. La madre le chiede di sbrigarsi. Lei mi abbraccia ancora una volta e se ne va di corsa. Sto per avviarmi verso casa, quando mi chiama dal finestrino aperto. Mi avvicino, mi prende la mano, ci mette il fermacapelli e mi chiude il pugno.
‹‹Quando verrai a Roma, me lo ridarai.››
Faccio di sì con la testa.
‹‹Questa è la passione del mio sogno, la pennellata rossa sulle cose della vita: aspettare te,›› aggiunge.
Mi giro, non voglio piangere, ma sento le lacrime scendermi sul viso. La pelle diventa salata come dopo un bagno in mare. Gli eroi piangono, quando sono innamorati: l’ho imparato dai film di don Piero. Faccio una corsa fino al faro, salgo fin sopra la lanterna dove, di notte, parte il fascio di luce. L’auto di Anna ha già preso la strada che esce dal paese. C’è sempre una strada per uscire; anche da questo paese si esce. Un giorno la percorrerò pure io, ma già adesso in qualche modo è come se fossi lì a fare i primi passi verso il mio futuro. Imparo sempre di più “l’attesa”, e scopro che amare è saper restare quando il cuore vorrebbe partire.
Il signor Alfredo mi aspetta al bar con le mani tese, appoggiate al bancone. La sigaretta fuma su un posacenere davanti a lui. Sono due giorni che non vado al lavoro e non torno a casa.
‹‹Marta è preoccupata,›› dice.
Non temo il suo sguardo. Mi avvicino. Spengo la sigaretta. Gli dico che conosco il suo segreto e che farebbe bene a confessarlo a Marta perché lei non merita di vivere una menzogna, una vita finta. Soffrirà? Certo, ma almeno avrà la possibilità di trovarsi un nuovo sogno, una nuova ragione per vivere. Gli dico tutto questo. Il signor Alfredo tace e non si muove.
‹‹Adesso vado sopra a riprendere le mie cose perché da questa sera torno a dormire a casa mia,›› dico sbattendo la porta.
Lui mi insegue e per le scale mi dice:
‹‹Il servizio inizia alle sette!››
‹‹A dopo, allora,›› rispondo.
Quando arriva il Maresciallo per la cena, il signor Alfredo mi fa un gesto per dire che devo andare io a servirlo. Lui non serve chi non paga. Lo osserva da lontano, lo saluta. Sempre da lontano gli fa i complimenti per la notizia che si è diffusa in paese: presto si sposerà con la figlia del Sindaco. Lui ringrazia.
‹‹Si dice che andrete ad abitare in collina…›› continua il signor Alfredo.
Il Maresciallo si toglie il berretto della divisa.
‹‹Una piccola e modesta casetta in collina,›› risponde gentile.
‹‹E il resto della collina? Non l’avete comperata tutta, Maresciallo?››
‹‹Sì, signor Alfredo.››
‹‹E cosa ci farete?››
‹‹Quello che ci fareste voi, signor Alfredo.››
Porto il solito vino in bottiglia pregiata. Il signor Alfredo è entrato in cucina. Starà sparlando con Marta del Maresciallo.
Il Maresciallo mi chiede di mia madre. Mi prende per un braccio, lo stringe e con lo sguardo duro mi dice:
‹‹Devi essere forte, ragazzo! Un giorno che vai a trovarla ti accompagno.››
‹‹Maresciallo, lei è gentilissimo, ma sta per sposarsi e sarà molto impegnato… non voglio crearle disturbo.››
‹‹Ragazzo! Se un uomo non trova il tempo per gli altri, spreca la sua vita.›› Poi abbassa lo sguardo e il suo volto cambia, trattiene la sua commozione: ‹‹La carità è l’unico modo che ho per riscattare i miei peccati…›› Scuote la testa e mi guarda supplichevole:
‹‹Tu che sei un bravo ragazzo che dici? Il Padreterno avrà pietà di me?›› Le parole gli si soffocano in gola. Poi riprende:
‹‹La malattia di Chiaretta è peggiorata e nessuno si preoccupa di lei. Ieri sera mi hanno chiamato perché qualcuno che passava di lì ha sentito delle urla dalla sua abitazione. L’ho trovata per terra vicino al letto che si dimenava tra i suoi escrementi. Capisci?››
Faccio di sì con la testa.
Il signor Alfredo mi chiama, che devo prendere un’ordinazione a un tavolo. Mi allontano facendo scivolare lento lo sguardo sul volto del Maresciallo. Dopo un po’ se ne va. Sul tavolo ci sono un po’ di spiccioli di mancia e un piatto di spaghetti neanche toccati dalla forchetta.