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Anche in questa fase di arretramento dello Stato Islamico, in Siria e in Iraq, la persecuzione dei cristiani rimane un’emergenza attuale e drammatica. Il tema è stato affrontato in questi giorni nella conferenza internazionale Damasco, prisma di speranza, che celebra i cento anni del Pontificio Istituto Orientale di Roma.

Tra i partecipanti al dibattito, il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, che spera ancora in una “soluzione negoziata”, in cui “le parti si mettano davvero insieme e cerchino di trovare una via di uscita”.

Per il Segretario di Stato, la speranza è che i “nuovi scenari” geopolitici che dovrebbero profilarsi in seguito all’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, “possano servire a questo scopo” e contemplino anche “una soluzione per i cristiani”, perché tornino ad essere “cittadini nella loro terra” e siano “sentiti come parte di quella società”.

Mentre in Iraq, si stanno lentamente ripopolando alcuni villaggi, anche se la maggior parte dei cristiani rimangono rifugiati nei campi profughi del Kurdistan, suscita ancora “angoscia” la situazione ad Aleppo, con 250mila persone assediate nei quartieri orientali. Ne ha parlato il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali.

“Nonostante questo panorama negativo e oscuro – ha dichiarato Sandri – noi invochiamo la luce della pace, dell’intesa, del dialogo, dell’incontro tra tutte le persone del Medio Oriente, di tutte le religioni; e che specialmente i cristiani possano essere sempre un punto di equilibrio in questa amata regione”.

Da parte sua, monsignor Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico del Patriarcato Latino di Gerusalemme, ha affermato: “Non c’è un cristiano che non parli dei suoi fratelli in Siria e in Iraq. È molto bello vedere la solidarietà. Tutte le comunità cristiane esprimono solidarietà, anche concreta, con collette e con veglie di preghiera, ai loro fratelli cristiani”. Si tratta, ha aggiunto Pizzaballa, di una testimonianza che “incoraggia i cristiani di Terra Santa a guardare avanti con forza”.

Al tempo stesso, però, in tutto il Medio Oriente, compresi Israele e la Palestina, “ci sono fenomeni di estremismo e sono preoccupanti perché non sono più episodici” ma “rientrano dentro filoni ideologici che cominciano a preoccupare”, sebbene in Terra Santa, a differenza del resto della regione, “vi sia ancora il tempo per gestire queste situazioni”, ha poi concluso l’amministratore apostolico.

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