Diciamolo francamente: nessuno fino ad ora avrebbe scommesso un euro – ormai si scommette su tutto – sull’aumento dei matrimoni in Italia. Dal 2008 al 2014 le nozze sono diminuite al ritmo di quasi 10mila all’anno e la tendenza pareva inarrestabile. “Non si sposa più nessuno, vanno tutti a convivere”: frasi come questa sono diventate così frequenti e fataliste da rivaleggiare nei discorsi di circostanza con la fine delle mezze stagioni. Invece oggi l’Istat ha fatto sapere che nel 2015 i matrimoni sono stati 194. 377, circa 4600 in più rispetto all’anno precedente. E non soltanto per l’incremento delle seconde nozze, conseguenza dell’aumento dei divorzi; crescono infatti di quasi 2.000 unità anche i primi matrimoni. Aumenta lievemente (circa il 2%) persino l’indice che misura la propensione alle prime nozze.
L’Istituto di statistica invita alla prudenza, sostiene che è troppo poco per parlare di ripresa. La diminuzione dei matrimoni è in atto da oltre quarant’anni e ci sono dei fattori strutturali, come la riduzione della popolazione in particolare nelle fasce d’età più interessate, che spingono fortemente in direzione negativa. L’Istituto avanza anche l’ipotesi che l’aumento sia in una certa misura “attribuibile al ‘recupero’ di parte della consistente posticipazione delle nozze messa in atto negli ultimi anni, forse anche condizionata dal prolungarsi della crisi economica”. Lo stesso Istat, tuttavia, osserva che la crescita sembra proseguire e rafforzarsi anche nel 2016, in quanto i dati provvisori riferiti ai primi sei mesi di quest’anno mostrano 3.645 matrimoni in più rispetto allo stesso periodo del 2015.
Insomma, è giusto evitare entusiasmi ingenui quando si ha a che fare con questioni estremamente complesse, tanto più che la realtà è sempre più ricca e imprevedibile della pur preziosa rappresentazione statistica. Che oggi però si trova a registrare un dato che le serie storiche non autorizzavano in alcun modo a immaginare: una sorpresa positiva su cui bisognerà riflettere, senza frettolose archiviazioni.
Nessuna sorpresa, invece, dall’aumento dei matrimoni civili, che sono stati l’8% in più a confronto con il 2014 e rappresentano il 45,3 del totale. Gran parte di questo aumento è dovuto alle seconde nozze, ma cresce anche il numero di coloro che decidono di sposarsi direttamente con il rito civile: dal 20% del 2008 si è passati al 30% del 2015. Una tendenza che si conferma e deve interpellare in modo particolare la comunità cristiana. Resta il fatto che l’aumento di coloro che decidono si sposarsi (nonostante tutto, verrebbe da dire) è in sé un dato socialmente positivo e forse potrebbe aiutare a comprendere che
matrimonio e famiglia non sono fissazioni dei cattolici e meriterebbero un sostegno politico-economico adeguato ai problemi in campo.
Nel rapporto dell’Istat c’è anche un rovescio della medaglia: l’impennata del numero dei divorzi, che sono stati 82.469, ben il 57% in più del 2014. Qui le cause sono evidenti: l’entrata in vigore della legge sul cosiddetto “divorzio breve” e, forse ancor più, di quella che consente di rivolgersi direttamente all’ufficiale dello stato civile, semplificando all’osso le procedure e abbattendo radicalmente i costi rispetto al tribunale. Ne avevamo scritto lo scorso aprile e in quel momento il boom non era stato ancora rilevato dalle statistiche, che ne danno conto ora. L’effetto combinato dei due provvedimenti ha fatto sì che siano stati anticipati al 2015 una gran parte di quei divorzi che con la vecchia normativa avrebbero visto decorrere i termini non prima del 2016. L’Istat lo definisce un effetto “di cadenza” e avverte che si farà sentire probabilmente anche nei prossimi anni. Ma l’aumento molto contenuto del numero delle separazioni (+2.7%) secondo l’Istituto di statistica rivela che la propensione allo scioglimento dei matrimoni è sostanzialmente in linea con la tendenza in atto da decenni.