La conclusione del Giubileo non mette fine alle riflessioni di papa Francesco sulle opere di misericordia. Nella prima udienza generale dopo la chiusura della Porta Santa di San Pietro, il Pontefice ha illustrato due nuove opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi e insegnare agli ignoranti.
Si tratta di opere, ha detto, che “si possono vivere sia in una dimensione semplice, familiare, alla portata di tutti, sia – specialmente la seconda, quella dell’insegnare – su un piano più istituzionale, organizzato”.
La parola “ignoranza”, ha sottolineato il Santo Padre, è “troppo forte”, eppure affligge ancora tanti “bambini” nel mondo, vittime dell’“analfabetismo” e della “mancanza di istruzione”.
Lasciare le persone nell’ignoranza produce una “grande ingiustizia che intacca la dignità stessa della persona”, rendendola vulnerabile allo “sfruttamento” e a “varie forme di disagio sociale”.
Da sempre, la Chiesa sente “l’esigenza di impegnarsi nell’ambito dell’istruzione perché la sua missione di evangelizzazione comporta l’impegno di restituire dignità ai più poveri”, ha aggiunto il Papa, ricordando che la prima vera scuola è stata fondata a Roma, nel II secolo da San Giustino, “perché i cristiani conoscessero meglio la sacra Scrittura”. È merito, invece, di San Giuseppe Calasanzio, l’apertura delle “prime scuole popolari gratuite d’Europa”, per non parlare del “lungo elenco di santi e sante che in varie epoche hanno portato istruzione ai più svantaggiati, sapendo che attraverso questa strada avrebbero potuto superare la miseria e le discriminazioni”.
Questi ultimi sono tutti “pionieri dell’istruzione” che, avendo “compreso a fondo l’opera di misericordia”, ne avevano fatto “uno stile di vita tale da trasformare la stessa società”, restituendo la “dignità a tante persone”, attraverso un “lavoro semplice”.
Bergoglio ha quindi citato l’esempio di Don Bosco che fondò oratori e scuole per i “ragazzi di strada”, formandoli al lavoro. Sono sorte, così, “molte e diverse scuole professionali”, che, oltre ad insegnare un mestiere, “educavano ai valori umani e cristiani”. In questo modo, l’istruzione è divenuta una “peculiare forma di evangelizzazione”.
In merito all’altra opera di misericordia spirituale oggi trattata, Francesco ha spiegato che “esprimere misericordia verso i dubbiosi equivale, invece, a lenire quel dolore e quella sofferenza che proviene dalla paura e dall’angoscia che sono conseguenze del dubbio”.
Un aspetto particolarmente delicato è rappresentato dai “dubbi sulla fede”, i quali, “in senso positivo, sono un segno che vogliamo conoscere meglio e più a fondo Dio, Gesù, e il mistero del suo amore verso di noi”.
I dubbi, quindi, “fanno crescere” ma è “necessario” che vengano “superati” e, per farlo, ha raccomandato Francesco, bisogna “ascoltare la Parola di Dio, e comprendere quanto ci insegna”, in primo luogo attraverso “la catechesi, con la quale l’annuncio della fede viene a incontrarci nel concreto della vita personale e comunitaria”.
Al tempo stesso, è fondamentale, “vivere il più possibile la fede” a servizio dei fratelli, “specialmente dei più bisognosi”, evitando di farne una “teoria astratta dove i dubbi si moltiplicano”. Se riusciamo a sentire “la presenza di Dio e la verità del Vangelo nell’amore che, senza nostro merito, abita in noi e condividiamo con gli altri”, è più facile che i dubbi vengano meno, ha sottolineato Bergoglio.
Ciò che accomuna le due opere di misericordia oggi illustrate, è il “mettere in pratica la parola del Signore quando dice che il mistero dell’amore di Dio non è stato rivelato ai sapienti e agli intelligenti, ma ai piccoli (cfr Lc 10,21; Mt 11,25-26)”.
L’“insegnamento profondo” che ne deriva, ha poi concluso il Santo Padre, è che, per “uscire dal dubbio”, siamo chiamati a trasmettere la “certezza” dell’“amore di Dio con il quale siamo stati amati” (cfr 1Gv 4,10).
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