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“Insegnare a chi non sa”. Parte da quest’opera di misericordia il progetto di Paola Vismara, vicedirettrice dell’ufficio missionario della diocesi di Bolzano-Bressanone, che si concretizza nella pubblicazione di due sussidi studiati e pensati per insegnare a leggere, scrivere e contare ai tanti giovani e giovanissimi richiedenti asilo che giungono in Alto Adige e che “non sanno né leggere né scrivere nella loro stessa lingua madre e devono imparare a parlare, capire, leggere e scrivere una lingua bellissima, ma complicata come l’italiano”, spiega l’autrice. I due volumi sono stati presentati il primo dicembre al Centro pastorale di Bolzano.

“Attualmente – spiega Claude Rotelli, presidente di Volontarius, associazione partner del progetto – il 15% dei richiedenti asilo che giungono nelle strutture che seguiamo sono analfabeti.

Il metodo di apprendimento proposto in questi due sussidi è nato ed è stato sperimentato ‘sul campo’, durante i corsi di scolarizzazione tenuti nelle nostre strutture. E devo dire che i risultati ci sono: nel giro di pochi mesi, questi ragazzi hanno imparato a leggere e scrivere”.

libri-impariamo-l'italiano Bolzano

I due libri, ricchi di immagini e figure, sono basati su un metodo graduale e ragionato dei suoni e delle lettere dell’alfabeto, così come dei numeri romani, per favorire l’apprendimento e la motivazione negli studenti.Il tutto corredato da una serie di esempi e informazioni pratiche che aiutano i richiedenti asilo a conoscere la nostra cultura a partire dalle cose più semplici, come ad esempio la segnaletica internazionale.I due volumi, finanziati da Volontarius, con il contributo della diocesi di Bolzano-Bressanone, saranno utilizzati nei corsi di scolarizzazione avviati nelle strutture di accoglienza presenti in provincia di Bolzano. In diversi contesti africani e asiatici, ancora oggi andare a scuola e andarci con regolarità per diversi anni consecutivi non è ancora obbligatorio, né gratuito, né reso possibile da politiche di Governo che mirino al bene e allo sviluppo dei rispettivi Paesi.
“In 12 anni trascorsi in Ciad, Repubblica Centroafricana e Sudan, e in altri 5 lunghi viaggi in diversi Stati dell’Africa – spiega Vismara – ho osservato e capito molto, ho lavorato principalmente per l’educazione pre-scolastica (che noi qui riteniamo a ragione la chiave di successo dell’educazione e istruzione nelle scuole primarie) e per riportare sui banchi di scuola i ragazzi (dagli 8 anni fino ai 15/16 anni) che non avevano continuato a frequentare per i più diversi motivi, primo fra tutti la miseria e l’essere orfani e sfollati/migranti interni al Sudan”.

Un’esperienza, quella di imparare una lingua da zero che la stessa Vismara ha vissuto sulla sua pelle. “Mi sono ritrovata a 24 anni a studiare l’arabo – ricorda – cominciando così come se fossi all’asilo o in prima elementare: scrivere e assimilare forme e suoni di lettere alfabetiche mai viste prima, capire come funzionano le parole dove le lettere cambiano forma a seconda della posizione, dove le vocali non sono consecutive alle consonanti ma sono solo 3 segni sopra e sotto, dove l’orecchio si deve abituare alle ‘lunghe’ e alle ‘brevi’, dove ci sono le ‘doppie’ ma non sono scritte in coppia…”.

Insegnare è un’arte e una vocazione: ne è certa Paola Vismara e, ascoltandola presentare il progetto che oggi si concretizza in questi due nuovi “sussidi scolastici”, non si fa fatica a capire quanto quell’arte e quella vocazione siano assimilati nel profondo:

“Insegnare è offrire bellezza, apprendere è sperimentare bellezza”.

E lei, grazie al progetto di alfabetizzazione questa “bellezza” la vuol far conoscere a quanti nella loro giovane vita “hanno sperimentato quanto di più brutto e violento possa succedere ad un essere umano. Questo è uno dei motivi per cui i due volumi sono pieni di colori, foto, disegni e forme da colorare, consigli per creare materiale didattico senza alcuna spesa, indicazioni per giocare e imparare allo stesso tempo – conclude -. Le persone che abbiamo davanti possono aver sofferto l’indicibile, traumi e chock psicologici che probabilmente sottraggono loro la concentrazione per imparare anche ciò che noi riteniamo essere ‘semplice’ ma per loro non lo è affatto”.

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