Un accordo unitario. È il principale risultato ottenuto con la firma del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici, siglato da Federmeccanica, Assistal, Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Uilm-Uil. Il contratto, che verrà sottoposto a referendum tra i lavoratori il 19, 20 e 21 dicembre prossimi e che sarà valido fino al 31 dicembre 2019, fa seguito a oltre un anno di trattative, ma soprattutto a 8 anni di divisione tra le sigle sindacali, con due rinnovi separati e contestati.
L’accordo prevede da giugno 2017 un aumento mensile medio di 92,68 euro, composti da recupero dell’inflazione (51,70 euro), previdenza, sanità integrativa, misure di welfare e per la formazione.
A marzo 2017, invece, verranno riconosciuti in busta paga una tantum 80 euro lordi. Oltre al recupero al 100% dell’inflazione reale, attraverso una rivalutazione annua dei minimi, ciò che emerge dal nuovo contratto sono le misure integrative, a partire dai 156 euro annui a totale carico delle aziende per la sanità integrativa, allargata a lavoratori a tempo determinato, in mobilità, familiari a carico e conviventi. Previsti inoltre benefit defiscalizzati per un totale di 450 euro nel triennio (100 euro nel 2017, 150 euro nel 2018, 200 euro nel 2019), che i lavoratori potranno spendere in buoni carburante, spese scolastiche o per altri beni e servizi. Sul fronte della formazione continua, tutti i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato dovranno seguire, nel triennio, un percorso di 24 ore a carico delle aziende, ovvero percepire un contributo fino a 300 euro destinato alla formazione. Innalzato poi il contributo per la previdenza complementare presso il fondo dei metalmeccanici Cometa, che graverà sui conti dell’azienda per il 2%, per incentivare la formazione di una pensione integrativa. Previste inoltre, per il diritto allo studio, 150 ore nel triennio per i lavoratori studenti universitari, più altre 16 ore per ogni esame (purché ne siano già stati superati 9 nel triennio). Viene recepito nel contratto il nuovo ordinamento per il congedo parentale, che può essere utilizzato su base oraria, giornaliera o continuativa. Mentre, sul fronte della contrattazione aziendale, esce rafforzato il ruolo delle rappresentanze sindacali nella contrattazione dell’orario flessibile, come pure nelle grandi aziende è previsto un comitato consultivo di partecipazione, da coinvolgere per le scelte industriali strategiche.
Un buon accordo, che “va nella direzione auspicata dalla dottrina sociale della Chiesa e dal mondo cattolico”.
Così lo definisce monsignor Fabiano Longoni, direttore dell’Ufficio Cei per i problemi sociali e il lavoro, puntando l’attenzione in particolare sulla partecipazione dei lavoratori tramite il comitato consultivo. Una forma – sottolinea Longoni – “che in Italia non esisteva, mentre è già presente in altri Paesi europei, e va nella direzione indicata dalla Costituzione, che all’articolo 46 ‘riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende’”.
In altri termini, sintetizza, “significa che il lavoratore aiuta chi ha in mano le redini dell’azienda a viverla come una comunità di uomini”.
Il direttore dell’Ufficio Cei ripercorre poi altri aspetti significativi dell’accordo. Innanzitutto, “per la prima volta è stato introdotto il diritto soggettivo del lavoratore alla formazione continua”, come pure sono da segnalare il diritto allo studio – “che significa anche corsi di lingua italiana per i lavoratori stranieri” –, la modulazione dell’orario “per la conciliazione vita-lavoro e la banca del tempo per ridurre l’orario lavorativo in prossimità del pensionamento”. Ancora, “interessanti le misure di welfare per la salute e la previdenza complementare”.
Un giudizio positivo all’accordo viene pure dall’economista Leonardo Becchetti, membro del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali – impegnato nella preparazione della prossima edizione che si terrà il prossimo anno a Cagliari a avrà a tema proprio il lavoro. Becchetti vede nel contratto siglato l’esercizio di una “buona pratica”. “Innanzitutto – osserva – è importante che si sia trovato un momento unitario tra i sindacati” dopo anni di contrasti. In secondo luogo, è interessante il pacchetto di misure previste, a partire da “un riconoscimento dell’inflazione corrispondente alla realtà”, fino a misure di welfare, per la formazione e lo studio. Elementi che sottendono a un principio importante. Spiega Becchetti:
“Il dipendente non è un costo, ma una risorsa, e come tale va formato”.
Di “importantissimo passo in avanti” sul fronte della contrattazione collettiva parla infine Carlo Costalli, presidente del Movimento cristiano lavoratori (Mcl), che sottolinea il quadro generale dal quale nasce il nuovo accordo. “Il dato importante – segnala – è che si riprende un processo di contrattazione tra datori di lavoro e organizzazioni dei lavoratori, che sembrava tramontato con l’utopia – che anche il governo ha alimentato – del trionfo della disintermediazione, con la conseguente rottamazione delle organizzazioni sociali”. Invece, l’accordo dimostra che il dialogo tra datori di lavoro e lavoratori, attraverso le rispettive rappresentanze, è ancora possibile.