Contestualmente le Marche hanno anche emanato il bando per accedere ai benefici della prima annualità (scadenza 20 gennaio 2017): sono disponibili oltre 157mila euro per qualificare la produzione e la commercializzazione del miele nella campagna apistica 2016/2017. I contributi sono a disposizione dei 1.591 apicoltori marchigiani che gestiscono 44.657 alveari.
“Numeri certificati perché le Marche sono tra le prime Regioni italiane ad aver portato a regime l’Anagrafe apistica nazionale – sottolinea la vice presidente e assessore all’Agricoltura Anna Casini – Beneficiari dei contributi sono gli apicoltori singoli e gli organismi associativi. Particolare rilevanza viene assegnata alla lotta contro la Varroa: acaro parassita che pregiudica i risultati economici delle imprese apistiche, che combattiamo con sistemi di lotta rispettosi dell’ambiente per non alterare le caratteristiche organolettiche del miele”. Casini chiarisce inoltre che “Programma regionale recepisce l’orientamento comunitario per dare impulso alla crescita del settore apistico: valorizzare il prodotto miele significa potenziare un settore agricolo sicuramente minore, ma dal grande valore ambientale, perché le api richiedono una contesto naturale sano per produrre. Sono sentinelle imprescindibili per misurare la qualità rurale del nostro territorio”. Nella campagna apistica 2013/2016, il ministero dell’Agricoltura ha assegnato alle Marche, complessivamente, 487 mila euro per potenziare il settore.
Tra le attività curate, d’intesa con i quattro Consorzi apistici provinciali, si segnalano i corsi professionali (svolti insieme all’Assam), l’acquisto di arnie antivarroa, il programma di ricerca sullo specifico ecotipo di Apis ligustica, diffuso in un ristretto areale interno, che sembra manifestare resistenza alla Varroa. Sulla base delle ultime rilevazioni (marzo 2016), gli apicoltori marchigiani mediamente detengono 28 alveari, con una produzione totale stimata di oltre mille tonnellate di miele all’anno. Due terzi del miele prodotto è di tipo “millefiori” e un terzo “monoflora”, soprattutto acacia, castagno, girasole, medica, sulla, tiglio, ailanto e coriandolo.
Il miele marchigiano si presenta di ottima qualità e con un bassissimo residuo di contaminanti chimici, ben al di sotto della soglia di legge. Si fregia del marchio di qualità QM – Qualità garantita dalle Marche che presuppone la tracciabilità del prodotto e il rispetto di un disciplinare. L’apicoltura marchigiana viene esercitata su tutto il territorio e vanta antichissime tradizioni: non a caso un modello di arnia razionale prende il nome dalla regione: l’arnia marchigiana, seppur tecnicamente superata, non è caduta in disuso, grazie alla particolare tradizione delle Marche di produrre miele sfruttando la rapida successione di brevi fioriture tra la primavera e l’estate.
Gli apicoltori professionisti, quelli che dispongono di almeno 150 alveari e che si dedicano pressoché esclusivamente all’apicoltura, sono circa il 4 per cento e posseggono 15 mila arnie (33 per cento delle marchigiane).
Sono invece 500 gli apicoltori “semi professionisti” (posseggono da 11 a 149 arnie) che vedono nell’attività un’interessante fonte di integrazione del reddito agricolo; rappresentano il 31 per cento del totale degli apicoltori e detengono il 40 per cento delle arnie presenti nelle Marche. Il rimanente 65 per cento degli apicoltori è costituito da amatori e hobbisti per una produzione di autoconsumo; dispongono da 1 a 10 alveari a testa, pari al 27 per cento delle arnie totali.
“Molti giovani apicoltori vedono una prospettiva positiva di futuro ampliamento dell’attività apistica, per raggiungere una significativa integrazione di reddito, con il desiderio di diventare apicoltori professionisti”, conclude l’assessore Casini.