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Sharing mobility. Vivere senza un’auto propria?

AutoGiovanna Pasqualin Traversa

L’auto di proprietà non è indispensabile e certamente non è più uno status symbol; si può vivere benissimo senza. La pensano così molti millennial, e non solo. Soprattutto di fronte all’allarme smog di questi giorni, causato da polveri sottili e inquinanti gassosi che stanno facendo scattare nelle principali città provvedimenti di blocco del traffico con diversità di criteri e fasce orarie. Da domenica sono tornate a Roma le cosiddette “domeniche ecologiche” (per ora quattro, una al mese fino a primavera con divieto pressoché totale della circolazione). Analoghe misure sono in programma a Milano, mentre da oggi scatteranno a Torino i primi divieti. A Napoli lo stop per i mezzi più inquinanti è previsto addirittura per quattro giorni a settimana.

“Nelle città circolano molte automobili utilizzate da una o due persone, per cui il traffico diventa intenso, si alza il livello d’inquinamento, si consumano enormi quantità di energia non rinnovabile”, scrive Papa Francesco nella “Laudato si’” auspicando, tra le diverse misure di contrasto all’inquinamento ambientale, “una buona gestione dei trasporti”. In Italia, secondo l’Aci, circolano 37 milioni di automobili ma si sta diffondendo la sharing mobility, utile a ridurre le percorrenze private e quindi l’inquinamento; dunque potenziale “alleato” del trasporto pubblico. A fare il punto sul fenomeno è l’Osservatorio nazionale sharing mobility, promosso dal ministero dell’Ambiente e della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. Diverse le formule offerte tra bike sharing, car sharing e car pooling, scooter sharing, bus sharing e park sharing, oltre alle App che in un’unica piattaforma permettono di prenotare e acquistare tutta la sharing mobility oggi a disposizione nelle città italiane.

Bike sharing. Decollato nel 2001 in Emilia Romagna, offre oggi 13.370 biciclette in 200 Comuni. E’ Cuneo la prima città ad installare, nel 2003, il sistema di bike sharing a carta elettronica e con stazioni georeferenziate. La parte del leone continua a farla il Nord con il 64% dei servizi e l’81% delle bici condivise, contro il 14% del Centro e il 22% del Sud.

Car sharing. Circa 700mila iscritti, 5.764 auto e 29 città interessate, 6 milioni e mezzo di noleggi nel 2015. Questi i numeri della realtà che ha preso il via nel 2001 e

dal 2013 ha visto quadruplicare i veicoli condivisi, mentre il numero degli utenti e dei noleggi è cresciuto rispettivamente di dodici e trenta volte.

Tutte le città italiane con popolazione maggiore di 250mila abitanti dispongono di almeno un servizio di car sharing. I capoluoghi di provincia in cui ne è presente almeno uno sono però solo 29 sui 118 totali; il servizio è assente nelle città metropolitane di Reggio Calabria e Messina, mentre Napoli è servita da un solo operatore e in termini sperimentali. Ventuno delle città in cui è attivo il car sharing si trovano nell’Italia settentrionale, tre al Centro; cinque nel Meridione. Dei 5.764 veicoli censiti a luglio scorso, il 34% è al servizio della sola Milano che conta 370mila iscritti e nella quale il 30% degli abitanti non possiede un’automobile, seguita da Roma (26% dei veicoli e 220mila utenti), Torino (16% dei veicoli) e Firenze (11%).

In Italia nel 2015 sono stati effettuati complessivamente circa 6 milioni e mezzo di noleggi con una percorrenza complessiva di 50 milioni di chilometri. Due le formule: free floating (l’auto si preleva e lascia ovunque) e station based (si preleva e lascia in appositi spazi).

Car pooling. In rapida crescita, e grazie alle app pronto a esplodere nei prossimi anni, permette di condividere con altre persone uno spostamento in automobile urbano o extra-urbano prestabilito.

Sostenibilità. Secondo l’Osservatorio,

la mobilità condivisa fa bene all’ambiente, al traffico e alla salute perché si traduce in riduzione delle percorrenze con veicoli privati tra il 16% e 20% e delle corrispondenti emissioni di Co2, e in riduzione del numero di auto di proprietà tra il 10 e il 40% per chi sceglie il car sharing, mentre circa il 50% degli utenti di bike sharing passa definitivamente dal volante al manubrio.

Un’indagine dell’Agenzia francese per la protezione dell’ambiente (Ademe) rivela che in seguito all’iscrizione al car sharing si registra un aumento del 31% degli spostamenti a piedi, del 30% dell’uso della bicicletta e del 25% del trasporto pubblico urbano e del treno.

Nuova cultura. Per Raimondo Orsini, direttore della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e portavoce dell’Osservatorio,

sta venendo meno la “cultura dell’auto indispensabile” e “sta cambiando il modello basato sulla proprietà in favore di un altro, basato sull’accesso ai servizi”.

Sul ritardo del Sud, Orsini è ottimista: “Non c’è bisogno di grossi investimenti infrastrutturali, occorre solo agevolare l’ingresso dei privati che erogano il servizio”. La sharing mobility, dunque, come alleato del trasporto pubblico. A condizione, precisa l’Osservatorio, che venga inserita nel nuovo Codice della strada, che vengano previsti incentivi fiscali per gli operatori e gli utilizzatori, che siano definite nuove forme di assicurazione per i veicoli e un’adeguata pianificazione urbana.