Ogni vita umana è caratterizzata da incontri decisivi che segnano l’esistenza delle persone. Gli apostoli hanno avuto il privilegio di vivere alla sequela di Gesù durante la vita terrena del Cristo ma hanno ricevuto anche la grazia di vivere, per mezzo lo Spirito Santo, la relazione con il loro Signore dopo la sua ascensione al cielo.
Celebrare la memoria liturgica di un apostolo significa seguire le sue orme, con la speranza di avvicinarci a Gesù e riconoscerLo negli avvenimenti della propria vita. Nella vita di Giovanni apostolo ed evangelista ci sono alcuni episodi che sono di grande aiuto per il cammino di fede, per sperimentare la presenza viva ed operosa di Gesù Cristo vicino a noi.
Giovanni, insieme a suo fratello Giacomo ed a Simon Pietro, sono stati gli apostoli chiamati da Gesù ad essere testimoni oculari di particolari manifestazioni della Sua natura divina: la risurrezione della figlia di Giairo (Lc 8,40-56), la trasfigurazione (Mt 17,1-8), la preghiera di Gesù ai Getsemani (Mc 14,32-42).
Giovanni, Giacomo e Pietro hanno ricevuto questo privilegio, che non è stato riservato ad altri apostoli, perché Gesù li stava preparando al compimento di una particolare missione. Per Giovanni la missione sarebbe stata quella di essere l’unico discepolo a rimanere ai piedi della croce. Di conseguenza, Giovanni è diventato il rappresentante di tutti i cristiani, i quali ricevono da Dio la consolazione della presenza materna di Maria nella propria vita.
Anche noi possiamo domandarci la ragione per la quale abbiamo ricevuto la grazia di essere testimoni di tante meraviglie compiute dal Signore. La riposta ci viene offerta proprio dall’esperienza di Giovanni: Dio ci sta preparando a compiere una missione che consisterà nel riconoscere il Signore Risorto nei bisognosi, nei profughi, nei carcerati e nei malati.
Giovanni ha riconosciuto in Gesù il Messia ed è rimasto acconto a Lui sino agli ultimi istanti della sua vita, anche se quello che stava accadendo gli risultava difficile da comprendere. La sua fede nel Signore lo ha fatto rimanere vicino a Lui, e per questo ha ricevuto l’elezione di rappresentare tutti i discepoli di Gesù Cristo chiamati a formare la Chiesa accanto a Maria. Ogni battezzato della Chiesa è chiamato a vivere la vicinanza con tutti i bisognosi ed i sofferenti della società. L’amore agli ultimi non è una opzione alla vita cristiana ma il frutto maturo di una fede concreta. Servire i poveri significa compiere le opere di misericordia corporali e spirituali sulle quali saremo tutti giudicati.
Giovanni, uno dei primi apostoli della Chiesa nascente, ha accolto Maria per ascoltare Colei che è stata la Madre di Dio e la prima discepola di Gesù. Per questo Giovanni ci ricorda che essere figli della Chiesa significa fare memoria della vita di Gesù, per comprendere dove e come egli opera nella vita delle persone. La Chiesa continua a svolgere l’opera di Maria nell’annunzio del Vangelo per ognuno che desidera conoscere e vivere l’amore di Dio. Una madre conosce i particolari ed i dettagli della vita del figlio, perché ha vissuto da vicino ogni suo evento. Come Maria ha offerto la sua esperienza di vita con Gesù basata sul proprio vissuto, così ogni cristiano, parlando della propria storia, ha la possibilità di raccontare quella pagina del Vangelo dove ha incontrato il Signore Risorto.
Giovanni rappresenta il discepolo di ogni tempo chiamato a vivere con Maria. Il Vangelo ci presenta Giovanni alla sequela di Gesù che cammina insieme a Pietro (Gv 21,20-23). Ogni cristiano è chiamato a vivere una relazione filiale con Maria, ad essere un membro vivo della Chiesa, e a seguire il successore di Pietro, il quale ha ricevuto dal Signore Risorto l’incarico di pascere il Suo gregge universale.
Giovanni ha riconosciuto da sempre il primato di Pietro. Giovanni è arrivato per primo alla tomba vuota di Gesù, ma ha lasciato che Pietro entrasse per primo (Gv 20,1-10). Giovanni ha riconosciuto Gesù Risorto sulle sponde del lago di Tiberiade, ma è stato Pietro a tuffarsi dalla barca ed arrivare per primo all’incontro col Lui (Gv 21,1-4)
La fedeltà al Santo Padre è il cardine della vita cristiana. Molti fedeli giungono a Roma da varie parti del mondo per professare la loro fede davanti alla tomba dell’apostolo Pietro. Questo gesto è fondante per la vita di un cristiano, perché significa riconoscere il primato di Pietro e di lasciarsi guidare da colui che è stato posto al timone della barca della Chiesa di Cristo. L’apostolo Giovanni ci invita a seguire il Santo Padre, ad essere fedeli nell’ascolto della sua parola, a diffonderla a tutti coloro che non hanno la possibilità di ascoltarla, a pregare per le sue intenzioni, e a fidarsi delle iniziative che egli prende per il bene della Chiesa.
La tradizione della Chiesa ha riconosciuto proprio nell’apostolo Giovanni il discepolo che Gesù tanto amava. Giovanni è stato amato per prima dal suo Signore, ma egli a suo volta, ha amato Gesù attraverso una amicizia molto profonda con Lui. Il gesto di Giovanni di posare il capo sul cuore di Gesù (Gv 12,24-25) è un segno eloquente di questa amicizia e di questo amore. Appoggiarsi al cuore di Gesù significa nutrire il desiderio di ascoltare la profondità della Sua Parola, di avere la volontà di entrare nell’abisso del mistero, e di fidarsi ciecamente senza opporre pretese umane alla Sua volontà.
Durante l’ultima cena Giovanni si è reclinato sul petto di Gesù sentendo il Suo battito divino di compassione e di tenerezza per ogni uomo. Dopo la morte di Gesù, Giovanni ha visto il cuore trafitto dal quale è uscito sangue e acqua (Gv 19,33-34). Giovanni dopo avere sentito il battito del cuore, ora vede dentro quel cuore l’amore di Dio per sé stesso e per l’umanità di tutti i tempi.
Ascoltare e vedere il cuore di Gesù sono i tratti significativi della vita del cristiano, il quale può diventare un uomo capace di amare veramente a condizione che si lasci raggiungere e ricolmare dall’abbondanza di quell’amore, che scaturisce dalla sorgente inesauribile del suo Cuore immacolato.
Contemplare il cuore di Gesù è un’esperienza da praticare ogni giorno della vita, rientrando in sé stessi e scrutando il proprio animo, per riconoscere la propria povertà, e comprendere come Dio ci ha amato di un amore infinito, malgrado la nostra debolezza, il nostro egoismo e la nostra pigrizia.
Contemplare il cuore di Gesù è un gesto semplice, capace di ammorbidire il nostro cuore troppo spesso indurito ed assopito, per aprire quella breccia attraverso la quale Dio possa entrare a vivere in noi. La condizione di questa comunione è quella di offrire a Dio il consenso di aprire la porta del nostro cuore.