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Incontro di Taizé a Riga: Fr. Alois, “la diplomazia è impotente se non c’è l’incontro personale”

TaizéDi Maria Chiara Biagioni

In migliaia da tutta Europa, giovani ortodossi, protestanti e cattolici. Insieme, dal 28 dicembre al 1° gennaio, per dire no a chi semina odio e disprezzo dell’altro. Per dire che “il male non ha l’ultima parola nella nostra storia”. È papa Francesco a dare con queste parole il benvenuto ai giovani che hanno deciso di lasciare i loro “divani” di casa – così si legge nel suo messaggio – per partecipare al “pellegrinaggio della fiducia sulla terra”. Si rinnova ogni anno in un punto diverso del nostro continente. Quest’anno l’appuntamento è a Riga, capitale della Lettonia, dove ad attendere i giovani ci sono le autorità politiche e religiose della città. E le famiglie che hanno aperto le loro case per ospitare i giovani pellegrini. “Ortodossi, protestanti e cattolici – è l’augurio di Papa Francesco -, con queste giornate vissute all’insegna di una reale fraternità, voi esprimete il desiderio di essere protagonisti della storia, di non lasciare che siano gli altri a decidere del vostro futuro”. A Riga, i giovani non lasceranno fuori dalla porta dei loro cuori i problemi che stanno scuotendo il mondo e l’Europa. L’attentato di Berlino, l’attacco kamikaze in una Chiesa copta ortodossa in Egitto. L’Ucraina. I giovani hanno scelto come tema dell’incontro europeo: “Insieme per aprire cammini di speranza”.

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Frère Alois, il priore della comunità di Taizè, lo scorso anno è stato in Siria, proprio nel periodo di Natale. L’intervista parte da qui, dalla drammatica situazione della guerra in Siria.

Oggi Aleppo è una città distrutta e la guerra ha causato morte, distruzione, un vero genocidio. La situazione è catastrofica. Molti si chiedono dove è Dio. Dove sono gli uomini di pace. Perché tanta sofferenza e perché tanta indifferenza?
La nostra impotenza è terribile. Ho recentemente telefonato ai francescani che abitano ad Aleppo ovest. Ciò che descrivono: quanta sofferenza! Eppure ci sono persone che non mollano e fanno tutto quello che possono, soprattutto per i bambini. La loro presenza permette a noi di non cadere nello scoraggiamento. Ma è essenziale sostenere queste persone con la nostra preghiera e aiutare il loro lavoro facendo dei doni. Ci sono persone simili anche in altri luoghi come a Mosul. Per questo a Riga, durante il nostro incontro europeo, farò un appello perché attraverso la colletta di Taizé che noi chiamiamo “operazione speranza”, possiamo con i nostri doni esprimere la nostra solidarietà alle persone che vivono ad Aleppo e a Mosul.

La guerra è anche nel cuore dell’Europa. Un conflitto mai risolto sta colpendo l’Ucraina orientale. A Riga, ci saranno giovani ucraini e russi. Quanto è importante la loro presenza?
Sì, la nostra solidarietà con la Siria e l’Iraq non ci deve far dimenticare altri Paesi in difficoltà. Vediamo che la violenza aumenta in Europa. Lo abbiamo sperimentato solo pochi giorni fa a Berlino. Per quanto riguarda l’Ucraina, non si vedono soluzioni all’orizzonte.

È allora fondamentale che giovani di Ucraina e di Russia si parlino, si mettano all’ascolto gli uni degli altri. La diplomazia sarà impotente senza simili incontri personali.

Abbiamo potuto vedere a Taizé, in questi ultimi due anni, quanto incontri di questo tipo, spesso difficili all’inizio, permettono ai giovani di intraprendere un cammino.

Sono ancora vive le immagini della Chiesa copta ortodossa del Cairo colpita da un kamikaze in nome di Daesh. Voi siete una comunità ecumenica. Oggi il dialogo ecumenico è fatto con il sangue dei cristiani. Come vi ha cambiato questo ecumenismo di sangue?
Il prossimo settembre, con alcuni frère e con giovani di diversi Paesi, faremo un pellegrinaggio in Egitto e faremo visita in particolare alla Chiesa copta ortodossa. Il vescovo Thomas, uno dei responsabili di questa Chiesa, è stato a Taizé nell’estate del 2015. Ci ha detto quanto queste visite siano importanti per sostenere i cristiani.

L’aumento della violenza ci obbliga a stare insieme. Sono i martiri del nostro tempo, così numerosi, ad implorarcelo.

Lei in questi ultimi giorni dell’anno incontrerà a Riga giovani di tutta Europa e non solo. Avrà davanti a lei il futuro del mondo. Coloro che saranno chiamati a dirigere le nostre città, la sorte dei nostri Paesi. Come educare le nuove generazioni alla responsabilità, alla pace, alla speranza?
Dando loro fiducia. Dando loro delle responsabilità. Gli incontri di giovani che facciamo a Taizé o in altre parti del mondo, sono sostenuti da loro.

C’è una grande generosità nei giovani che non chiede altro di concretizzarsi.

È essenziale anche aiutarli ad approfondire la loro fede, la loro fiducia esistenziale in Dio. Per resistere alla instabilità angosciante della nostra epoca, occorre avere radici profonde e queste radici hanno bisogno di tempo per svilupparsi a poco a poco.

Ha mai invitato papa Francesco a venire a Taizé? Ha da poco compiuto 80 anni. Quali sono gli auguri di Taizé per lui?
La scorsa settimana, gli ho scritto: “Vorrei darle testimonianza di quanto vediamo a Taizé. Moltissime persone, giovani in particolare, e non solo cattolici, ma anche protestanti, ortodossi o appartenenti ad altre religioni, a volte anche non credenti, sono sensibili al Suo cuore di padre, alla Sua generosità, all’apertura che Lei manifesta verso tutti gli uomini. Lei rende il Vangelo trasparente ai loro occhi. Chiediamo a Dio di darLe salute per ancora molti anni permettendoLe così di proseguire in questo ministero pesante”.