Di don Francesco Pierpaoli
MARCHE – Quante volte a Loreto ho ripetuto ai giovani dentro la Santa Casa – pietre custodi del sì di Maria – che su questa collina la Madonna non ha pianto, non ha riso, non è apparsa a qualcuno, ma che Loreto è il santuario dell’incarnazione, dell’eterno che entra nel tempo, di un Dio che per essere conosciuto non ci fa stare con il naso all’insù, ma ci chiede la fedeltà al quotidiano, alla ferialità, a Nazareth, consentendo così al futuro di entrare in noi!
Il sì di Maria è passato attraverso le sue attese e quelle del suo popolo, la sua storia e quella del suo popolo, i suoi dubbi e quelli del suo popolo, la sua fede e quella del suo popolo.
Maria non è un UFO piovuto dal cielo a cui è apparso un angelo che le ha detto quello che doveva fare (forse molte vocazioni vorrebbero questo), ma una giovane ragazza che ha imparato a pregare grazie ai suoi genitori e che, scoprendo la vita come dono, amava Giuseppe come ogni ragazza ama e si innamora di un ragazzo; Maria aveva sperimentato la fedeltà di Dio nelle azioni e nei gesti che avevano condotto il popolo di cui faceva parte dalla schiavitù dell’Egitto al servizio a Dio reso in libertà nella terra promessa.
In una recente intervista al termine dell’Anno giubilare della Misericordia Papa Francesco ha detto: «La Chiesa esiste solo come strumento per comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio. Al Concilio la Chiesa ha sentito la responsabilità di essere nel mondo come segno vivo dell’amore del Padre. Con la Lumen gentium è risalita alle sorgenti della sua natura, al Vangelo. Questo sposta l’asse della concezione cristiana da un certo legalismo, che può essere ideologico, alla Persona di Dio che si è fatto misericordia nell’incarnazione del Figlio. Alcuni continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere».
In questo tempo c’è il rischio, anche per chi desidera confrontarsi sulla propria vocazione, di uno “sballo religioso” non meno peggiore di quello che tanti nostri giovani vivono il sabato sera fuggendo la realtà. Le pietre della Santa Casa custodita a Loreto ci ricordano che i cristiani, per il mistero dell’incarnazione sono sì legati a una terra, a un luogo, ma quella casa, quella terra è la loro vita quotidiana, l’unica pagina su cui è scritto il loro futuro. I volti e le persone, i fatti e le esperienze non sono quelle che sogniamo: «C’è un tesoro che si può trovare in un unico luogo al mondo … e questo luogo è quello in cui ci si trova» (M. Buber).
Ci auguriamo che ogni famiglia e ogni comunità cristiana diventino, come le pietre della Santa Casa, una palestra capace di intrecciare i fili delle grandi domande sulla vita con quelli della ferialità, le ali dei linguaggi giovanili con la fede della Chiesa che affonda le sue radici nelle profondità della storia.
Prendere in serissima considerazione il mistero dell’incarnazione fa delle pietre della Santa Casa di Loreto il “luogo” di ogni vocazione.
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