La Giornata mondiale del migrante e del rifugiato da qualche anno, e quest’anno in modo particolare, ci tocca più da vicino. Non sono mancati periodi in cui gli italiani erano coinvolti in prima persona in grandi migrazioni in Paesi vicini o lontani o all’interno del territorio nazionale, e tuttora molti connazionali lo sono per motivi di studio o di lavoro. Ma quello che sembra toccarci di più in questa fase della storia è il fenomeno migratorio che porta centinaia di migliaia di persone nel nostro Paese trovandoci impreparati – a livello organizzativo come a livello socio-psicologico – ad accoglierli in maniera adeguata.
Il fenomeno, specie nelle inquietanti proporzioni attuali, va affrontato seriamente e con apertura di cuore. Esso, anzi – ci suggerisce sorprendentemente il papa nel suo messaggio per la Giornata del 2017 – fa parte della “storia della salvezza”: è un “segno dei tempi” poiché “parla dell’opera provvidenziale di Dio nella storia e nella comunità umana in vista della comunione universale”. Una prospettiva che può certamente fare la differenza nell’affrontare la questione: la Chiesa, infatti, “incoraggia a riconoscere il disegno di Dio anche in questo fenomeno, con la certezza che nessuno è straniero nella comunità cristiana”. Il pensiero di papa Francesco – e quindi anche il nostro – va quest’anno soprattutto ai “migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”: ci invita a pensare a loro come alle vittime più fragili di tante ingiustizie, da cui devono essere difesi e liberati attraverso un’opera paziente ed efficace. I “costi gravosi” dell’emigrazione – provocata da violenza o miseria o dagli effetti più negativi della globalizzazione – sono pagati in primo luogo da loro a causa di “piaghe aberranti” quali “il traffico di bambini, lo sfruttamento e l’abuso di minori”, la privazione dei diritti dell’infanzia.
Il messaggio – firmato nella festa della Natività di Maria – invita a riflettere e ad agire con particolare attenzione verso i minori, con uno sguardo amorevole ed un cuore grande. Occorre puntare – suggerisce ancora il papa ai capi delle nazioni, ma anche a ciascuno di noi – sulla protezione e difesa dei piccoli, così vulnerabili; sulla loro reale integrazione, favorendone “l’inserimento sociale” o “programmi di rimpatrio sicuro e assistito”, e occorre – è questo un suo appello accorato – cercare e adottare “soluzioni durature” affrontando la questione alla radice, cioè le cause che nei Paesi d’origine provocano l’emigrazione, spesso così drammatica e tragica ancor più per i minori. E’ il ciclopico urgente impegno della Comunità internazionale a “estinguere i conflitti e le violenze che costringono le persone alla fuga” e di cui le prime vittime sono i “bambini e bambine, speranze dell’umanità”.
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