“Fino a quando ci saranno medici come lei, cara dottoressa, capaci di agire in scienza e (ben formata) coscienza, continuerò ad avere fiducia. La stessa fiducia che, da anni, spinge noi e tanti altri – credenti e no, ma uniti dai valori cardine di uno stesso umanesimo – a batterci per affermare e difendere il bene prezioso dell’alleanza terapeutica tra medico e paziente (con accanto i suoi familiari) e a partire da questo bene concepire una legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento”.
Così Marco Tarquinio, direttore del quotidiano “Avvenire” nel rispondere alla lettera di un medico relativa alla legge sul fine vita in discussione alla Camera. “Una fiducia – prosegue Tarquinio – che alimenta e sostiene la convinzione morale e la civile perseveranza necessarie per fronteggiare i propagandisti dell’eutanasia, cioè della morte ‘a comando’ irrogata dallo Stato, in qualunque forma proposta”.
Il direttore di Avvenire si appella al “senso di giustizia e verità” e alla “lungimiranza” dei legislatori, sottolineando i “progressi” nei lavori in corso per “dare equilibrio” alla proposta di legge arrivata all’esame della Camera.
Una proposta che però, ammonisce Tarquinio è “purtroppo, ancora rischiosamente aperta a infausti esiti eutanasici”, guardando “con preoccupazione” ai “guasti minacciati dalla superficialità (o dalla malizia) di alcuni ipotizzati passaggi normativi”. L’auspicio, conclude il direttore, riprendendo le parole della lettera a lui indirizzata, è “che infine si delinei un sistema di regole in grado di ‘indirizzare e sostenere in certe decisioni difficili’ tutto il personale sanitario, evitando che in Italia si legittimi e incentivi sia un mortale abbandono sia uno sterile e dannoso accanimento terapeutico nei confronti dei malati terminali”.