Leggi le precedenti interviste a Giulietta Straccia, Mirella Ruggieri Tiziana Marchionni, Milena Bernardini, Barbara Tomassini, Paolo Piunti, Antonio Lera, Gianni Marcantoni, Giuseppe Palestini, Genti Tavanxhiu, Giuseppe Alesiani, Carla Civardi, Tanya del Bello, Giacomo Cagnetti, Fabrizio Mariani, Simona Tesei, Giarmando Dimarti e Gabriele Baglioni.
Eccezionale incontro con Leo, poeta ed imprenditore. Un incontro di quelli che lasciano il segno e che non dimenticherai per tutta la vita. Un uomo capace di parlare di management e di poesia, di imprenditoria innovativa e di arte, di produzioni locali e di scambi culturali internazionali, il tutto, nel tempo che dedichiamo ad un aperitivo. Incantano quel suo modo semplice con il quale sonda le questioni piu’ complesse e la sua visione razionale ed ermetica con la quale parla di arte, di cultura e di poesia. Una poesia, la sua, che va dritta al cuore ed alla mente e dall’originale chiusura tagliente, netta come ci racconta nell’intervista che segue.
Una ricchezza, Leo. Un faro, una luce in un mondo, quello attuale, guidato dal non senso, dal pressappochismo, dall’incertezza. “Se si ha la poesia nel mondo, il mondo non finisce, perché la poesia è linfa vitale; va a toccare tutte le corde realmente fondamentali nel vivere, nell’essere, nel crescere, nel migliorare te stesso e gli altri”.
Perche’ si scrivono poesie? Come ti sei avvicinato al mondo della poesia?
Quali sono i tuoi “Maestri” nell’arte e nella vita?
A 15 anni feci le valige e mi trasferii da casa in un collegio dei Salesiani a Faenza, scelta quella voluta da me.
Cominciai a soffrire la lontananza da casa ma resistetti per tutto il liceo e questo ha sicuramente maturato in me una sensibilità alle varie situazioni che possono occorrere nella vita. Nel collegio infatti vi erano bravissimi studenti, ma come un microcosmo vi erano anche ladri, drogati, pervertiti di ogni genere. Insomma fui costretto a fare lo slalom speciale tutti i giorni.
Il maestro di vita per me è stato quindi la vita collegiale, l’esperienza che ho fatto sin da ragazzino. Mi ha maturato molto. Ho cominciato a scrivere in poesia lì, durante il mio primo anno di scuole superiori.
Puoi spiegare in poche righe il tuo pensiero artistico o filosofico? Ad un ragazzino, cosa gli diresti? Lo incoraggeresti nella via dell’arte poetica?
Il mio mondo artistico letterario parte ed evolve dalle mie esperienze di vita e di lavoro. Il mio guardare tutto con massima attenzione, empaticamente, senza nulla sottovalutare. Questa è una mia prerogativa esistenziale. Si, è il mio vivere quotidiano. Ogni persona, ogni sguardo, un vegetale, ogni cosa, quindi anche gli oggetti, per me hanno un’anima. Un’anima che trasmette messaggi. Messaggi che vanno raccolti, interpretati, comunicati. Io mi limito ad esercitarmi in una sorta di traduzione in poesia ipersintetica, non proprio ermetica, ma vicino ad essa. Non deve essere necessariamente in rima, ma deve avere in se sonorità, musicalità.
Ad un ragazzino, cosa gli diresti? Lo incoraggeresti nella via dell’arte poetica?
Ad un ragazzino non potrei consigliare che appassionarsi alla lettura ma come potrei consigliargli di scrivere poesie? Quello è un qualcosa che hai dentro e che ti può uscire (o non) fuori all’improvviso. Non si può forzare. La poesia poi, soprattutto in Italia, culla di tante culture, è scritta un po’ da tutti, senza che vi siano criteri o parametri per valutarla. Al ragazzino inoltre consiglierei di più di osservare il mondo e leggere i suoi continui cambiamenti. Da questo si percepisce il proprio talento, che è in ognuno delle nostre unicità, in tutti i mestieri, materie e, perchè no, arti.
Con quale riferimenti di linguaggio poetico, musicalità o simbologie caratterizzi la tua arte?
Anche se mi sono cibato di Ungaretti, Montale e Quasimodo, non ho rieferimenti precisi, se non quello che vedo e mi colpisce. Per me la poesia deve avere musicalità che, senza, non sarebbe poesia. Poi può avere la capacità di inserire simbologie che è quasi sempre necessario. E’ una ossatura che si inserisce tra i versi, ma in modo naturale, spontaneo.
Pensi che l’arte possa incidere nell’educazione e nella cultura? Poesia nelle scuole : preferire autori e componimenti classici o maggiormente attuali e contemporanei?
Certamente. L’arte, e la cultura in genere, educa al bello, a sapere cosa si ha di fronte, saper scegliere. Noi italiani siamo avvantaggiati in questo. Negli incontri internazionali a qualsiasi livello possiamo anche far pesare il gap culturale. Spesso non sappiamo utilizzare questo fantastico strumento anche a livello lavorativo. Un peccato!
Tornando ai giovani consiglio ovviamente la lettura dei classici. Per poi passare, dopo avere stratificato un po’ di conoscenze, ai contempoaranei. Più difficile è capire dove andare e riconoscere la qualità, o il bello che sottolineavo prima. In Italia sono andati avanti “poetuncoli” appoggiati da quel potente o quell’altro, per non parlare dei partiti. Ma il discorso rischia di allungarsi…e degenerare.
La tua poesia che nasce senza ripensamenti, il linguaggio essenziale, la musicalità “presente” nel componimento: cosa ci dici?
Vero. La mia poesia utilizza i vocaboli strettamente necessari per definire il messaggio che voglio dare. Per questo dico che è “scarna”. Giusto dire che è essenziale. Mi spiego meglio: questa poesia nasce da quella vigna che guarda verso nord e subisce tutti i freddi e le intemperie senza riparo alcuno ed inoltre ha le radici che cercano acqua e nutrimento tra terre aride, accontendanosi di quel poco che riesce a trovarvi dentro. E’ una poesia essenziale la mia che non ha ripensamenti perchè naturalmente maniacale nell’uso della parola che viene scritta di getto. Quindi posso dire che essa non molto riflettuta nel mentre o nel dopo, ma è maturata prima o molto prima. Nasce già confezionata e pronta per essere pubblicata, se supera la selezione finale.
Molti lettori attenti sono incuriositi dal finale tagliente e netto delle tue poesie dalla “chiusura forte”. Ce ne parli?
Il mio modo di scrivere è quasi sempre “maledettamente” in versi. Scherzo naturalmente…La mia poesia ha alcune caratteristiche particolari in cui credo effettivamente di riuscire bene. Termino una poesia con chiusure nette. Quasi taglienti. Senza che vi è ricercata o voluta.
Diversi poeti nazionali o critici o docenti di letteratura contemporanea mi hanno sempre riconosciuto ed evidenziato questo aspetto.
Parlaci del tuo ultimo lavoro “Patto d’instabilità”. Come nasce? Come si caratterizza?
E’ la mia terza opera dopo “La Giostra di Fuoco” con cui esordii e “Solo e in apparenza”.
Posso dire di averlo scritto quasi rendendo pubbliche, e in diretta, molte poesie che successivamente sono state raccolte e pubblicate da LietoColle. Il titolo “Patto d’Instabilità” fu scelto, non da me, ma dall’editore Michelangelo Camelliti. E il titolo rappresenta perfettamente il macrocontenuto delle poesie della raccolta. Camelliti, a mia insaputa, lo fece valutare dal grande poeta Maurizio Cucchi, che subito decise di metterlo nella collana I Giardini della Minerva, la collana più prestigiosa della casa editrice, essendone lui responsabile. A Cucchi chiesi di scegliere le poesie e di curarmi la silloge. Cosa che accettò. Divenimmo subito amici.
Solo successivamente divenni Presidente del Circolo Culturale Rivera delle Palme, che tra le attività aveva ed ha il Festival Internazionale della Poesia con Cucchi stesso direttore artistico. Era perciò, prima o poi, destino incontrarsi con una delle figure più importanti della poesia italiana ed internazionale.
Imprenditore originale che “pensa” l’impresa a favore del territorio; Presidente del circolo culturale “Riviera delle palme”: quanto incide l’aspetto artistico/creativo nella gestione aziendale e viceversa?
Sono un imprenditore che non pensa al profitto come unica via di soddisfazione. Pretendo dai miei sforzi che molto sia lasciato al territorio, alla tua gente. In questo senso ancor di più in avanti perseguirò questo mio modo di pensare e fare.
Sul Circolo Culturale di cui abbiamo parlato sopra mi impegno perchè credo che uno come me non possa contribuire a perdere questo capitale fatto di 33 anni di Premio Nazionale Riviera delle Palme che ha ospitato le più importanti figure letterarie e filosofiche d’Italia, o gli anni di pubblicaizone della Rivista omonima o i 18 anni di Festival Internazionale della poesia.
Per quanto mi concerne come imprenditore e poeta, me lo chiedono tutti, debbo dire che è normale che incuriosisca che un imprenditore scriva poesie. Nel mio caso l’intreccio dei due aspetti non ha aiutato entrambi. E’ stato l’imprenditore che ha utilizzato il poeta, più del contrario. Tra imprenditori, mi è stato detto, il fatto di incontrarsi con uno che si differenzia in questo modo, incute un certo timore, non dico reverenza. Invece, il poeta è come se avesse vissuto tutta la vita all’ombra di un papà, l’imprenditore, che per l’immaginario pubblico, disposto a comprarsi consensi e false attestazioni. Tutto il contrario invece.
Cosa vedi nel tuo immediato futuro? Stai lavorando ad altri componimenti o progetti?
Ho un libro pronto sul fronte letterario che però in parte ho perso per passaggi di file da un computer all’altro, abortiti. Succede. Non me ne sono fatto una malattia. Sarà tuttavia un libro che guarderà al mondo donna e alle problematiche uomo-donna in cui l’uomo è perdente anche quando pensa di aver vinto.
Sul fronte imprenditoriale, sto valutando e studiando alcune nuove iniziative che mi occuperanno, credo, abbastanza.
l tuoi ricordi piu’ belli legati all’arte, alla poesia?
Mi verrebbe da pensare alle mie letture a Mantova o a Spoleto, nei festival… o alle presentazioni dei miei libri fatte da Leonardo Mancino o da Alberto Cappi, che ora non sono più con noi ma voglio ricordare una cosa che accadde in una serata in cui veniva presentato un libro di Roberto Pazzi. Ricordo il titolo: “La Principessa e il Drago”. Ebbene, Mimmo Minuto, per amicizia con me e la mia famiglia, con me si recò da lui e di fronte ai giornalisti mi presentò “svelandomi” come poeta. Le domande si incentrarono da subito su di me, più che su di lui. E questo innervosì Pazzi che cerco’ di riportare su di se i fari delle domande, come era giusto che fosse. Poi diventammo amici.
Ma da quel momento ormai si seppe di me. Capii che non c’era da vergognarsi… e dovevo fare qualcosa ma qualche anno dopo Riccardo Lupo, di cui sono stato sempre amico, volle pubblicare per la Stamperia dell’Arancio, il mio libro nel 1997, poi continuammo insieme nel 2000 col secondo.
Il tuo mondo di fantasia è popolato da …
I miei sono i momenti quotidiani di ogni giorno. So commentare in versi qualsiasi cosa. Potrei scrivere di un sasso, di una sedia, di una smorfia. Il problema dell’ispirazione non c’è. Molto spesso commento in versi le opere d’arte. E addirittura in un minuto riesco a scrivere una poesia se mi si dà solo un titolo. Mi riesce tutto piuttosto facilmente. Mi diverte.
Arte come altruismo o arte come espressione individualistica? Arte come espressione personale o come impegno sociale?
La poesia quasi più delle altre arti, ha il dono di poter speculare su tutti gli argomenti. Ovviamente anche rivolgendosi al pubblico e al sociale. Può essere utile in politica perchè conosce e concepisce gli ideali ed il bello.
Sa guardare oltre. Guarda ad aspetti che i politici dovrebbero considerare, e spesso non lo fanno.
Quindi contesto il marginale atteggiamento individualistico di una poesia che invece deve essere utile, deve aiutare alla riflessione. Deve essere un contributo alla crescita collettiva. Poi però, si dirà, siamo in Italia, dove i lettori sono una minoranza assoluta e dove la buona poesia è nascosta da tanta altra.
IL SILENZIO
Il silenzio non ti cerca.
Non cerca.
È un bene in estinzione.
Va ricercato.
Da qualche parte si nasconde.
Preferisce così.
Leo Bollettini