di Sara De Simplicio

DIOCESI – 1517-2017: queste le due date che danno compimento e fine ad una parentesi molto rilevante nella storia della Chiesa. Dalle 95 tesi sulla cattedrale di Wittemberg, ad oggi, infatti, molte cose sono cambiate: la Chiesa cattolica e la Chiesa protestante non si sfidano più a colpi di convocazioni e scomuniche ma oggi dialogano e cercano di ricucire lo strappo durato ben  500 anni. E così mercoledì sera, 8 febbraio, presso il teatro della parrocchia di San Filippo Neri, si è tenuto un incontro dal titolo “Dal conflitto alla comunione: Cattolici e Protestanti a 500 anni dalla Riforma. Il cammino ecumenico della Chiesa Cattolica dal Concilio Vaticano II ad oggi”.

Don Vincent (direttore dell’ufficio per l’ecumenismo) ha ribadito, infatti, l’importanza di momenti comunitari simili a questo, un modo per far luce e per non far calare l’attenzione su temi oggi più che mai “caldi”, anche se molto spesso sottovalutati.

A fare una sintesi e un breve excursus storico sulle vicende della Riforma e del suo ideatore, il monaco agostiniano Martin Lutero, ci ha pensato la prof.ssa Viviana De Marco: “Dal 1964 il cammino ecumenico va inteso come il nostro verso la Chiesa, è il nostro essere Chiesa oggi.  Il 31 ottobre 2016, infatti, Papa Francesco si è recato in Svezia, a Lund, e lì ha potuto celebrare i 500 anni dalla Riforma insieme al presidente della Confederazione luterana mondiale. Questo non è stato solo un evento di cronaca ma anche e soprattutto una pagina di storia capace di cambiarne il corso, che cancella la separazione, le incomprensioni, i giudizi, i pregiudizi e perfino le scomuniche che ci sono state in 500 anni di storia. Noi, quindi, stiamo vivendo un momento di storia e quello che si sta facendo all’interno delle diocesi, ovvero sensibilizzare i cattolici stessi al problema ecumenico, non è solo un’azione pastorale ma è qualcosa di molto più grande. Essere qui oggi significa vivere insieme questo momento di storia, significa fare la storia insieme. Un momento, questo, straordinario e impensabile fino a qualche anno fa, “frutto maturo” di tre percorsi: i 500 anni di separazione, i 50 anni di dialogo ecumenico dal Concilio Vaticano ad oggi e poi la Riforma della Chiesa alla luce della misericordia di Dio e della comunione apertasi con papa Giovanni Paolo II, proseguita poi con Benedetto e oggi con Francesco. Il senso del nostro ritrovarci qui, allora, acquista un preciso significato, equivale a dire “ Vogliamo essere protagonisti di questo cammino. (… )

Ma cosa significa “cammino ecumenico”? Innanzitutto sta per “cammino dei cristiani verso la casa comune”, la strada cioè per abbattere pian piano secoli di diffidenze; sta per “ unità nella diversità ” , un percorso che non è però solo un qualcosa da dover fare ma che è innanzitutto la radice profonda del nostro essere cristiani. Perché se c’è un parola che esprime al meglio la realtà del cristianesimo quella è senza dubbio “unità”, da intendere come comunione e non come uniformità, sia all’interno della Chiesa,sia  all’interno della parrocchia, tra le parrocchie della diocesi, tra le diocesi. Perché la Chiesa sussiste dove le persone si amano reciprocamente, dove batte un cuore universale, cattolico (…)Questo oggi sembra essere possibile perché ci si guarda come fratelli, si celebra insieme la grandezza e la misericordia di Dio, si loda il Signore per i doni reciproci, si condivide il battesimo, la fede nel Dio trinitario, l’amore per la Sacra Scrittura. Non dobbiamo dunque avere paura della diversità, ma puntare alla comunione e ad un dialogo vero, senza compromessi e senza rinnegamenti. (…) La Riforma era iniziata con una domanda di Lutero su dove poter trovare un Dio misericordioso: la risposta, ovviamente, era nel Vangelo e allora ecco la consapevolezza che solo la fede in Lui è ciò che ci salva e ci giustifica, tanto che poi il principio viene chiamato <<giustificazione per fede>>. Manteniamo, quindi, il cuore aperto perché Dio, attraverso di noi, può fare cose grandi”.

Di seguito, infine, ecco alcune parti tratte dall’intervento del Vescovo Carlo Bresciani, presente anch’egli all’incontro.

“L’apertura delle celebrazioni del 5° centenario della Riforma Protestante è stata accompagnata da un gesto simbolico, una “dichiarazione congiunta” secondo cui il cammino ecumenico può e dovrà proseguire nel futuro. Vi si concentrano, infatti, sia una revisione del modo con la quale la Chiesa cattolica ha giudicato la riforma luterana e le chiese che da questa sono poi nate, sia una revisione del modo in cui le Chiese luterane giudicano e hanno giudicato la Chiesa cattolica, i suoi insegnamenti, la sua liturgia e le sue strutture.

Emergono,a mio parere, tre questioni fondamentali con le quali l’impegno ecumenico dovrà misurarsi nei prossimi decenni: purtroppo, infatti, non possiamo pensare che sarà un processo a breve termine perché 500 anni non si superano in un giorno. La via che il dialogo ecumenico è chiamato a percorrere è quella di contribuire alla soluzione dei problemi ancora aperti tra le Chiese ma anche approfondire qual è il significato della ricerca di unità tra cristiani, in un contesto diverso da quello di 50 anni fa perché oggi segnato dal pluralismo religioso, una realtà in cui molto spesso assistiamo alla banalizzazione della religione. E poi ancora l’esigenza di far apprezzare il valore dell’impegno ecumenico alle nuove generazioni perché c’è un calo nell’interesse verso l’ecumenismo: insomma, c’è ma non entusiasma.

La preghiera e l’incontro di Lund, infine, hanno avuto un forte valore simbolico che ha chiarito come la Chiesa cattolica non considera le altre chiese come comunità che hanno rinnegato la fede e che non hanno completamente reso irriconoscibile l’autentica forma della Chiesa. Da qui le idee e le basi per una certa comunione, seppur imperfetta, attraverso la quale passa la chiamata alla salvezza da parte di Cristo. Le Chiese separate (luterane), oggi, non vedono più il Papa come un anticristo ma lo riconoscono come un autentico testimone del Vangelo e un pastore impegnato nella ricerca di unità tra i cristiani. C’è dunque una sorta di cammino vicendevole attraverso il quale ci si incomincia a capire ed apprezzare un po’ di più, riconoscendo ciò che di buono c’è nell’altro. Tanti passi sono stati fatti ma tanti, comunque, restano ancora da fare…ciò che però è certo è che la ricerca dell’unità non può cessare, confidando nello Spirito che guida la Chiesa e nell’aderenza di ciascuno di noi al Vangelo: pur sempre nella ricerca della verità, bisogna guardare avanti per raggiungere l’unità, che è desiderio e progetto del Signore.”

 

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