Valerio Rastelletti e Filippo Vici
MARCHE – La liturgia in seminario non è un’attività tra le altre, ma, secondo la bella espressione del Concilio, essa è fonte e culmine di tutta la vita comunitaria. Certo, questo è valido per tutta la Chiesa. Ma in modo particolare si applica alla nostra comunità, dove si formano le guide e i pastori che saranno chiamati a presiedere le liturgie e la preghiera.
La spiritualità liturgica in seminario non si rifà al carisma di un movimento o di un’associazione ecclesiale, ma è radicata nella liturgia della Chiesa universale che accoglie in sé tutti i carismi e dalla quale scaturisce la bellezza della pluralità delle forme di preghiera.
La liturgia è per sua natura un’azione di preghiera comunitaria che ha per protagonista non l’uomo, ma il Signore Gesù, il quale ha detto «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Su questa promessa del Signore si fonda il nostro stare insieme e il senso della preghiera comunitaria, poiché come scrive san Paolo: «siate sempre lieti, pregate ininterrottamente, in ogni cosa rendete grazie: questa infatti è volontà di Dio in Cristo Gesù verso voi» (1Ts 5,16-18).
La preghiera liturgica scandisce la nostra quotidianità e tre sono i momenti principali che celebriamo insieme. La giornata si apre con le lodi mattutine che ricordano la risurrezione del Signore, «luce vera che illumina ogni uomo» (Gv 1,9) e «sole di giustizia» (Ml 4,2) «che sorge dall’alto» (Lc 1,78). Con questo sguardo ogni persona può consacrare a Dio tutta la sua giornata ed anche noi seminaristi tendiamo allo stesso proposito consegnando nelle sue mani tutto il nostro lavoro.
Giunti a fine giornata ci ritroviamo per celebrare la preghiera della sera. I vespri danno la possibilità ad ogni uomo di rendere grazie per ciò che gli è stato donato e lo stesso vale per noi, che riponiamo tutto nelle mani del Signore: ogni nostro lavoro trova senso e speranza nell’attesa della venuta di Cristo, che ci porterà la grazia della luce eterna.
Il centro della giornata rimane comunque la celebrazione eucaristica, dove Gesù Cristo ci raggiunge sacramentalmente nel pane e nel vino, donando forza e sostegno al nostro cammino di sequela dietro a Lui. Qui facciamo esperienza viva del Signore risorto come accadde per i discepoli di Emmaus, i quali lo riconobbero nello spezzare il pane (cfr. Lc 24,30-31). Nella messa si concretizza il nostro essere Chiesa in comunione con tutte le comunità da cui proveniamo e con la Chiesa universale.
Per vivere in pienezza questi momenti, veniamo accompagnati dal padre spirituale, colui che si prende cura della dimensione interiore di ciascun seminarista. Inoltre anche lo studio costituisce un valido strumento per conoscere la tradizione spirituale della Chiesa e dare in tal modo sostanza alla nostra formazione.
Vivere bene lo specifico della spiritualità liturgica in seminario ci aiuta a crescere non solo individualmente, ma anche a prendere consapevolezza che un giorno saremo chiamati, come sacerdoti, a guidare la preghiera delle comunità a cui saremo affidati. Attraverso il nostro ministero Dio farà crescere nella vita spirituale le persone che incontreremo, perché, come afferma l’apostolo Pietro: «pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge» (1Pt 5,2-3).
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