di Anna T. Kowalewska
POLONIA – “Oggi, davanti a sfide nuove, bisogna cercare risposte altrettanto convincenti quanto quelle trovate dai miei grandi predecessori”: lo dice al Sir il nuovo arcivescovo di Cracovia, Marek Jedraszewski, 67 anni, a cui il Papa ha comunicato di persona la nomina. “Il fatto di essere il terzo successore di san Giovanni Paolo II a Cracovia suscita in me una grande gioia, ma quel sentimento è accompagnato dalla consapevolezza di dover mantenere quell’altissimo livello”, sottolinea il presule, conscio di “entrare a far parte di una tradizione molto impegnativa”.
Per quattro anni è stato arcivescovo di Lodz dove ha promosso incontri mensili per discutere della fede. Pensa di continuare questi dialoghi in cattedra a Cracovia?
Ne ho già parlato con i vescovi e i sacerdoti, e forse in primavera questi incontri potranno iniziare anche a Cracovia. Ovviamente non nella cattedrale di Wawel, ma per esempio nella chiesa di sant’Anna, vicina all’Università Jagellonica. Non avranno però esattamente la stessa formula perché la Chiesa di Cracovia è molto diversa da quella di Lodz. Penso che lì avessi risposto a una domanda da parte della popolazione, al desiderio di parlare con il vescovo delle cose importanti che riguardano la vita della fede intesa in senso molto ampio. I partecipanti sono stati assai numerosi, nonostante a Lodz la gente si è abituata a vivere le domeniche senza la santa messa, senza la preghiera. In media in chiesa ci va circa il 10-12% degli abitanti.
Come mai?
Lodz fino a poco fa era la seconda città in Polonia, e oggi è il terzo agglomerato urbano dopo Varsavia e Cracovia, ma è molto differente dal resto del Paese. Dopo la seconda guerra mondiale a Lodz nelle fabbriche lavoravano soprattutto le donne. Occupate nella grande industria tessile, lavoravano anche di notte per sei giorni a settimana. Ancora negli anni ’90 nella città funzionavano degli asili nido settimanali. La mamma ci portava il bambino il lunedì e veniva a riprenderlo solo il sabato. Quelle donne che avevano libera solo la domenica dedicavano quel giorno alle faccende domestiche, e spesso non avevano più nemmeno la forza per andare in chiesa. La rete delle chiese a Lodz non è poi molto fitta anche perché le autorità comuniste non permettevano la costruzione dei nuovi edifici di culto in una città operaia e “rossa”. Non ho mai visto tante facce femminili stanche e svigorite come a Lodz, dove tra l’altro c’è anche una grande incidenza delle malattie oncologiche dovute alle malsane condizioni di fabbricazione dei filati. Oggi la città, dove non ci sono più molti posti di lavoro come un tempo a causa della chiusura delle fabbriche tessili, si sta svuotando e fra pochi anni potrebbe avere anche 150mila abitanti in meno.
Lei ha svolto delle riflessioni circa il rapporto tra le generazioni. Ce ne vuol parlare?
Ritengo che una parte delle generazioni più anziane in qualche maniera abbia già “depennato” i giovani, e viceversa. Lo sviluppo di nuovi mezzi elettronici ha creato un abisso comunicativo tra i giovani e gli adulti-anziani. Però accade anche che i giovani insegnino ai genitori o ai nonni come usare lo smartphone. Questo ha contribuito a far sì che non ci siano più delle persone con riconosciuta autorevolezza e prestigio, come una volta. I giovani appartengono a un nuovo “gruppo sociale” la cui caratteristica principale è quella di dover comunicare costantemente con altri membri del gruppo, senza però intrecciare con essi dei legami profondi. L’essere umano invece realizza se stesso attraverso un’apertura verso l’altro. E questa è una delle sfide alle quali dobbiamo far fronte. In occasione della Gmg2016 è successo però che gli adulti abbiano guardato i giovani con una speranza nuova. Ho incontrato persone che avevano ospitato i giovani arrivati per le giornate diocesane precedenti la Gmg2016 a Lodz, a Pabianice e a Belchatow; i ragazzi erano giunti dalla Cina o da Paesi dell’America del sud. E l’emozione con la quale quelle persone mi avevano raccontato degli incontri era la prova che i giovani avevano portato con sé una qualità nuova, suscitando la meraviglia di chi scopre la vera purezza e gioia della gioventù. E questo porta speranza. Mi hanno raccontato di quegli incontri con le lacrime agli occhi e io non potevo non condividere le loro emozioni.
Come fare affinché l’entusiasmo della Giornata mondiale della gioventù di Cracovia possa continuare?
Negli ultimi due giorni della Gmg, sabato e domenica, a Brzegi c’erano circa 2 milioni di giovani, soprattutto polacchi arrivati da tutto il Paese. È un segno molto positivo e carico di speranza. Penso che da noi una famiglia felice sia sempre e comunque un’aspirazione predominante fra i giovani. Nonostante anche in Polonia vi siano numerosi divorzi, questi non vengono mai considerati come un fatto positivo. Il divorzio è una sconfitta, un dramma. In molti altri Paesi il divorzio viene visto come una cosa quasi normale… I giovani polacchi desiderano invece più di tutto trovare la propria felicità nella vita familiare, coniugale. In Polonia quest’auspicio è molto forte, e penso che finché ci sarà questo desiderio, saremo positivamente “diversi” da altri Paesi europei.