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Analfabetismo religioso? Una lettura della relazione dei giovani con la religione

Di Andrea Casavecchia

Oggi appare meno evidente di ieri l’attrazione dei giovani verso la fede. Credere non sembra per tutti importante e tanto meno riscuote successo la vita religiosa. Tuttavia alcune indagini ci aiutano a leggere meglio la relazione dei giovani con la religione. E s’individua una domanda di senso che cerca risposte.
Se si confrontano la ricerca dello Iard sulla condizione giovanile del 2000 e il recente Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo, osserviamo diversi cambiamenti. In Italia circa un giovane su due dichiara di credere nella religione cattolica, e si nota un vistoso calo, dato che nel 2000 la percentuale si aggirava intorno all’80%. C’è sicuramente da osservare che la nostra società è diventata multietnica e se consideriamo anche le altre religioni si aggiunge ai credenti un altro 15%, prima la quota non arrivava al 3%, e va altrettanto sottolineato che, nel periodo in questione, non sono cresciuti gli atei e agnostici tra le nuove generazioni che continuano a rimanere intorno al 15%, mentre sono aumentati quelli che sostengono di non potersi esprimere in merito: questi nel 2000 non apparivano nemmeno nelle tabelle e ora sono all’8,6%.
La diminuzione viene da molti attribuita a un analfabetismo religioso. Si è diffuso un forte individualismo che concentra sul successo la motivazione della vita delle persone. E contemporaneamente i protagonisti della trasmissione della fede di un tempo: famiglie e parrocchie hanno perso la loro efficacia nell’educazione al senso di una pratica religiosa.
Se intensifichiamo lo sguardo attraverso le fasce d’età, come osserva il sociologo Valerio Corradi in un saggio in “Annales Teologici”, emerge un fenomeno interessante nell’andamento del credo: mentre con l’ingresso nell’adolescenza, intorno a 13-14 anni, le percentuali iniziano a crollare per toccare il punto più basso verso i 18 anni, superati i 20 anni appare un risveglio nella ricerca di fede e le percentuali risalgono.
Il sociologo osserva anche un altro elemento importante che tra i giovani credenti si riescono a formare quattro gruppi che potremmo indicare a partire da quello del pieno coinvolgimento nella comunità ecclesiale e nella vita spirituale per passare alla tiepidezza, poi all’indifferenza e per finire a quello del rifiuto. La presenza in questi diversi gruppi però non è statica e come dal primo si può passare agli altri, si può verificare il viaggio contrario. I confini sono permeabili non si presentano impedimenti ideologici.
Si aprono, allora, diverse sfide: come rispondere alla domanda di senso che emerge dai giovani ultra-ventenni, come trovare i contatti per incontrare le persone che popolano i gruppi più periferici per la vita di fede, quali soggetti possono tornare a trasmettere l’abc della fede e in quali modalità.

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