Com’è “possibile che noi cristiani, che dovremmo trovare l’unità proprio attorno alla Cena, riproduciamo allo stesso modo, con le nostre divisioni, le stesse dinamiche divisorie della comunità di Corinto”? È una delle domande poste dal francescano Giulio Michelini durante la sua terza meditazione agli Esercizi spirituali per il Papa e la Curia Romana in svolgimento ad Ariccia. Secondo quanto riferito da Radio Vaticana, parlando della cena di Gesù, padre Michelini è partito dalla dimensione umana del mangiare insieme. “L’ultima cena di Gesù, infatti – ha osservato il predicatore – inizia con la frase: ‘Si mise a tavola coi dodici’. Stare alla stessa tavola vuol dire sperimentare la bellezza dello stare insieme, e ricevere quello che è stato preparato da altri come un atto d’amore. Il cibo e il mangiare mettono però in luce anche il peccato dell’uomo, come anche il suo egoismo e la sua fragilità”. Per il francescano “mangiare del cibo è infatti segno in primo luogo di una vera e propria fragilità antropologica: è un bisogno che dice umanità e debolezza”. “Nella cena di Gesù – ha proseguito padre Michelini – emerge anche questo elemento, che doveva covare da tempo: la consegna da parte di Giuda. Ma Gesù, proprio nella notte in cui veniva tradito, secondo la più antica versione della cena (1Cor 11) non ritira il suo dono, e dà tutto quanto gli rimaneva di poter dare: il suo corpo e il suo sangue”. Per la riflessione, il predicatore ha posto alcune domane, tra le quali una riguardante “il nostro rapporto col cibo” richiamando la settima regola di Ignazio di Loyola tratta da ‘Le regole per ordinarsi nel mangiare per l’avvenire’ e una “sul perdono dei peccati”. “Mi chiedo – ha concluso Michelini – se siamo veramente consapevoli che Gesù, versando il suo sangue, ha davvero, con la propria vita, e non solo a parole, detto e dato il perdono di Dio”.
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