M.Michela Nicolais

“Prossimità” nel quotidiano, a partire dalle parrocchie e dal servizio “accanto alla gente” svolto dai sacerdoti, “con tutto il santo popolo di Dio”. E’ questa, per il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, la parola-chiave per affrontare “un tempo di grandi sfide ma anche di grandi opportunità”. Nella prolusione di apertura del Consiglio permanente, Bagnasco esordisce esprimendo solidarietà al vescovo di Locri, monsignor Francesco Oliva, per le scritte intimidatorie apparse sul vescovado – nella Giornata in cui si fa memoria delle vittime innocenti della mafia – e parla di umiltà, obbedienza e discrezione come caratteristiche essenziali per svolgere il ruolo di presidente dei vescovi italiani, evocando così il passaggio di testimone che avverrà nella prossima Assemblea di maggio, quando i presuli eleggeranno la terna da sottoporre al Papa per l’elezione del nuovo presidente. Nella prolusione, oltre alla lotta alla mafia, trovano spazio tutte le questioni più scottanti dell’attualità: lavoro, famiglia, giovani, inverno demografico, maternità surrogata, teoria del gender, fine vita, migrazioni, Europa, azzardo.

Il presidente della Cei “non cerca la ribalta”, spiega Bagnasco dopo aver espresso, ancora una volta, la vicinanza ai terremotati del Centro Italia. Umiltà, obbedienza e discrezione l’eredità idealmente consegnata al suo successore.

In Italia, il lavoro resta la prima e assoluta urgenza: il populismo è pericoloso, ghigliottinare lo Stato è qualunquista. Il suggerimento di sempre è quello di partire dal grido della gente, per risolvere un problema – la mancanza di lavoro – che da anni taglia la carne viva delle persone. Di qui l’appello alla politica, distratta su altri fronti e litigiosa. Senza dimenticare le scorciatoie a cui sempre più italiani ricorrono nell’illusione di risolvere crisi e problemi economici: “si pensi ai 260 milioni di euro che ogni giorno in Italia si buttano nel gioco d’azzardo, distruggendo capitali e, più ancora, persone e relazioni”.

Ogni anno, nel nostro Paese, emigrano circa 30 mila giovani, ed altri 6 mila si rinchiudono in casa e in un mondo virtuale.

Snocciola i dati, il presidente della Cei, per spiegare che i giovani sono i nuovi emigranti per necessità, ma il loro sogno resta quello di farsi una famiglia propria con due o più figli. La cultura del cambio di lavoro non è la nostra, anche se in altri Paesi ha portato dei vantaggi. I valori vincenti dell’Italia sono altri:

“la preparazione seria, la capacità di relazione, il senso di squadra, lo spirito di adattamento”.

L’Italia è sempre più un Paese per vecchi, come mostrano gli ultimi dati sull’inverno demografico. Oltre al lavoro, per la Chiesa italiana ci vuole un fisco più equo, magari partendo da quel “fattore famiglia” che il Forum delle Famiglie e altre associazioni chiedono ormai da tempo. Non è in pericolo la bellezza della famiglia fondata sul matrimonio, anche se continuamente denigrata dal “pensiero unico”: altri tipi di unione non sono paragonabili ad essa.

Non ha paura, il cardinale Bagnasco, di chiamare le cose col proprio nome, quando paragona la maternità surrogata a una “nuova forma di colonialismo capitalistico”.

Essere genitori è cosa buona e giusta, ma non a qualsiasi costo. Specialmente quando il prezzo lo pagano i bambini, che hanno diritto ad essere allevati da papà e mamma, e le madri invisibili dell’”utero in affitto”, vittime – perlopiù a causa della loro povertà – di una violenza discriminatoria. Altra incongruenza, in un Paese che è secondo solo agli Stati Uniti per numero di adozioni: i tempi di attesa.

Quando poi i figli crescono, accade che a scuola debbano fare i conti con la “teoria del gender”, a più riprese stigmatizzata da Francesco come “colonizzazione ideologica”. Genitori e insegnanti non possono più stare a guardare, devono immischiarsi, come insegna l’omonimo progetto promosso dal Forum delle famiglie.

Né accanimento, né eutanasia, l’insegnamento della dottrina della Chiesa sul fine vita. Il ddl in discussione su questa materia, denuncia il presidente della Cei, riduce il medico ad un funzionario notarile ed espone il paziente all’ambiguo arbitrio di “terapie proporzionate o sproporzionate”.

Continua l’attenzione e l’impegno solidale dell’Italia verso i flussi di chi fugge da guerra, fame, persecuzione religiosa ed etnica, alla ricerca di un futuro migliore. Lo assicura il cardinale, quando ricorda i tre livelli su cui si articola l’azione della Chiesa:

l’azione di sostegno direttamente nei Paesi di provenienza, la realizzazione di corridoi umanitari, l’accoglienza di base nelle parrocchie.

Senza il contributo fattivo dell’Europa, però, l’Italia non può farcela: l’Unione europea deve arrivare fino alle nostre coste. Ci vuole più Europa, per contrastare Brexit e populismi. Primo banco di prova: la celebrazione, a giorni, del 60° anniversario dei Trattati di Roma.

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