“Le nostre esperienze definiscono chi siamo, e il percorso che scegliamo disegna il nostro destino, trovare la propria strada richiede impegno, ma una volta trovata capiamo di essere unici e incredibili. Il mondo ti sta aspettando”.
Perdonatemi se a volte esordisco con qualche citazione, devo ammettere che alcune sono veramente emblematiche.
Questo pensiero che ho letto da qualche parte può commentarsi da solo. Per me, il chi siamo, rappresenta la nostra carta d’identità, il nostro documento di riconoscimento che mostriamo quotidianamente quando interagiamo con gli altri, ovvero ogni qualvolta ci rapportiamo con le varie problematiche che riguardano per esempio: il mondo del lavoro, le relazioni di amicizia, sentimentali e familiari.
Queste esperienze, come pezzi di un puzzle senza confini, concorrono a formare il nostro carattere, la nostra personalità, rendendoci unici.
Ciò spiega la diversa e soggettiva reazione che ognuno ha di fronte alla medesima difficoltà. In questi anni ho avuto modo di conoscere alcune persone affette dalla stessa mia patologia, la Sla, e osservare il diverso approccio che i malati e i loro congiunti hanno avuto e hanno.
So che qualche volta vengo citato come esempio, come modello da imitare. Certo, questo mi rende orgoglioso perché è un piacere essere in qualche modo d’aiuto, però proprio in virtù delle citate esperienze,
ognuno deve trovare dentro se stesso la giusta risposta, il giusto atteggiamento verso la malattia.
Credo che ciascuno abbia inconsciamente uno strumento di misura del proprio grado di sopportazione del “dolore”, sia esso fisico o psicologico, una soglia oltre la quale ciascuno decide liberamente del proprio destino. Diversi sono i fattori che incidono sul vivere dignitosamente la disabilità. Il contesto ambientale è molto importante. La mia è una famiglia numerosa, dove regna la diversità di opinione e visione del mondo, come si dice in sardo, chentu concas chentu berrittas (cento teste, cento cappelli), ma è proprio questa diversità a unirci.
Non c’è spazio per la compassione, ma piuttosto per la comprensione e il rispetto. Vedete, la Sclerosi laterale amiotrofica ha paralizzato i miei muscoli, ma non ha reso immobile la mia vita, permeata da un breve vocabolo, costituito da appena sette lettere:
volontà.
Questo termine, dall’immenso significato, dovrebbe guidare la nostra vita. Oggi, come ieri, voglio fare, se pur con le difficoltà di movimento, tutto ciò che mi dona benessere, che mi rende felice fosse anche per un istante.
Per questo a carnevale ho partecipato (e mi sono divertito) a Nuoro al raduno delle maschere etniche della Barbagia: a molte persone manca la volontà di fare, di agire, e decidono di vivere una vita dentro schemi predefiniti, a volte consapevoli di rinunciare, per chissà quale timore, a bellissimi momenti.
È la forza di volontà a muovere il mondo.