La questione sociale acquista con la Populorum progressio una dimensione mondiale. Il servizio all’uomo diventa una missione che la Chiesa, fedele al Vangelo, non può trascurare. Lo sviluppo integrale di ogni uomo e di tutti gli uomini è il nome nuovo della pace. A ciò si oppone lo squilibrio crescente tra le nazioni della terra. Richiamando la dottrina tradizionale della destinazione universale dei beni della terra, Paolo VI invita a spezzare la spirale perversa, per cui i popoli ricchi diventano sempre più ricchi, e quelli poveri sempre più poveri. Occorrono nuove forme di solidarietà.
Con la Populorum progressio, la Chiesa annunciava agli esseri di buona volontà il carattere mondiale assunto dalla questione sociale (3) e non si limitava a suggerire uno sguardo più largo, per abbracciare porzioni sempre più grandi di umanità, ma offriva un nuovo modello etico-sociale.
Si doveva operare per la pace, la giustizia e la solidarietà, con una visione in grado di cogliere l’orizzonte globale delle scelte sociali.
I presupposti di questa nuova visione etica erano emersi qualche anno prima, nel Concilio Vaticano II, con la formulazione del principio di interdipendenza planetaria e del destino comune di tutti i popoli della Terra (Gaudium et spes, 4-5). La validità esplicativa di tali principi trovò numerose conferme. L’uomo contemporaneo ha più volte fatto esperienza che ciò che accade in una parte del mondo può influire su altre, e che nessuno può a priori sentirsi al sicuro in un mondo nel quale esiste sofferenza o miseria. Se allora s’intravedeva la necessità di occuparsi del bene altrui come fosse il proprio, oggi tale raccomandazione assume un’evidente priorità nell’agenda politica dei sistemi civili (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 167).
La Popurolum progressio può essere considerata il documento programmatico della missione della Chiesa nell’era della globalizzazione.
La sapienza che promana dai suoi insegnamenti guida ancora oggi il pensiero e l’azione di quanti vogliono costruire la civiltà dell’“umanesimo plenario” (42). I contenuti di tale umanesimo hanno bisogno di essere vissuti e testimoniati, formulati e trasmessi, in un processo educativo che metta al centro della sua proposta la ricerca della solidarietà in un mondo segnato da molteplici differenze, attraversato da eterogenee visioni del bene, caratterizzato dalla convivenza di fedi e orizzonti morali diversi.
L’Enciclica vuole proporre le linee principali dell’educazione all’umanesimo solidale e di globalizzare la speranza.
“Lo sviluppo è il nuovo nome della pace”, conclude la Popurolum progressio (85). L’affermazione ha trovato sostegni e conferme, così come sono state chiarite le direzioni dello sviluppo sostenibile dal punto di vista economico, sociale e ambientale. Sviluppo e progresso, rimangono, però, ancora delle descrizioni dei processi, non dicono molto sui fini ultimi del divenire storico-sociale. Più che esaltare il mito del progresso immanente alla ragione e alla libertà, la Chiesa collega lo sviluppo all’annuncio della redenzione cristiana, che non è un’indefinita e futuribile utopia, ma è già “sostanza della realtà”, nel senso che per essa “sono già presenti in noi le cose che si sperano: il tutto, la vita vera” (Spe salvi, 7).
È necessario attraverso la speranza nella salvezza, essere già segni vivi di essa.
Nel mondo globalizzato come può propagarsi il messaggio di salvezza in Gesù Cristo?
“Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore” (Spe salvi, 26). La carità cristiana propone grammatiche sociali universalizzanti e inclusive. Tale carità informa le scienze che, impregnate di essa, accompagneranno l’uomo alla ricerca di senso e di verità. L’educazione all’umanesimo solidale, deve partire dalla certezza del messaggio di speranza contenuto nella verità di Gesù Cristo. Spetta ad essa, di irradiare tale speranza, quale messaggio veicolato dalla ragione e dalla vita attiva, presso i popoli di ogni parte del mondo.
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