Di Francesco Rossi
Il coraggio e la speranza. Con queste parole – pronunciate da papa Francesco a Mirandola, davanti al duomo che porta ancora tutte le ferite del terremoto di 5 anni fa – si può delineare il senso della sua visita pastorale alla diocesi di Carpi, domenica 2 aprile. Una giornata “familiare”, come nelle intenzioni di Bergoglio, nonostante l’affluenza di tutto rispetto ai momenti pubblici: 50 mila persone hanno partecipato alla Messa in piazza Martiri, a Carpi, e a Mirandola piazza Duomo era colma, mentre ai bordi della strada che ha percorso il Papa c’erano in larghi tratti due ali di folla. A tavola con il Papa, invece, c’erano solo i vescovi della regione, i sacerdoti anziani residenti nella Casa del clero e i seminaristi; rigorosamente a porte chiuse pure l’incontro successivo in Seminario, nel quale Francesco ha parlato a braccio a sacerdoti carpigiani, seminaristi, religiosi e religiose.
Il ricordo del sisma e l’impegno per la ricostruzione hanno attraversato tutte le tappe della visita papale: Carpi fu, infatti, la diocesi più colpita nel 2012. E, a una settimana dalla riapertura della cattedrale con il segretario di Stato card. Parolin, a fare da motto è ancora una volta “Vita semper vincit”, la vita vince sempre.
“C’è chi resta intrappolato dalle macerie della vita e chi, come voi, con l’aiuto di Dio solleva le macerie e ricostruisce con paziente speranza”, ha detto Bergoglio nell’omelia della Messa.
E, al termine della celebrazione, il vescovo di Carpi, mons. Francesco Cavina, ha ricordato che in questa terra “la popolazione si contraddistingue per la laboriosità, l’intraprendenza, l’accoglienza e la solidarietà”, virtù “umane e sociali, che hanno le radici in secoli di fede cristiana” e che “hanno permesso di sanare, in tempi relativamente brevi, molte delle dolorose ferite inferte al territorio dal terribile terremoto del 2012”.
Papa Francesco ha quindi ringraziato quanti “hanno lavorato per questa doppia ‘maratona’”, tra cui gli scout dell’Agesci, che in questa circostanza come alla riapertura solenne della cattedrale erano in piazza ad aiutare nella gestione dell’evento, e i 4.500 malati che hanno partecipato alla Messa. “Con le vostre sofferenze aiutate la Chiesa, aiutate a portare la Croce di Cristo”, ha sottolineato il Papa rivolto a questi ultimi. Poi, al termine della celebrazione, dopo essere andato in papamobile dai fedeli che hanno seguito la Messa dai maxischermi in piazzale Re Astolfo, è tornato in piazza Martiri e, sceso dal veicolo, si è intrattenuto con anziani, disabili e bambini, salutando e benedicendo, come un parroco al termine della messa domenicale.
A simboleggiare la ricostruzione anche la benedizione di quattro “prime pietre”, poste ai piedi dell’altare, che serviranno per la nuova chiesa parrocchiale di Sant’Agata di Cibeno a Carpi, per il Centro di spiritualità a Sant’Antonio in Mercadello di Novi, per la Cittadella della carità a Carpi e per la struttura polivalente di San Martino Carano di Mirandola. Quest’ultima, in particolare, non era un normale “mattone”, ma una pietra proveniente dalla chiesa dell’Immacolata Concezione a Qaraqosh, distrutta dall’Isis, consegnata al vescovo Cavina in occasione del suo recente viaggio, a inizio marzo, in Iraq, nel corso del quale è stato il primo vescovo italiano a celebrare nella Piana di Ninive dopo la liberazione.
Quindi, nel pomeriggio, la tappa a Mirandola per toccare con mano le ferite del sisma. Già lungo la strada, avvicinandosi a quello che fu l’epicentro di molte scosse, si scorgono tuttora i segni di una ricostruzione che, in 5 anni, ha fatto progressi notevoli, ma non è ancora completata. E, per la Chiesa carpigiana, il duomo di Mirandola è l’emblema di un impegno che deve proseguire.
“Non vengano mai meno la forza d’animo, la speranza e le doti di laboriosità che vi distinguono”,
è il richiamo di Francesco alle popolazioni colpite dal terremoto del 2012, unito al ringraziamento per l’esempio “di coraggio, di andare avanti, di dignità”, “dato a tutta l’umanità”. Prima di terminare la sua giornata emiliana con l’omaggio al monumento che ricorda le vittime del terremoto a San Giacomo Roncole, il Papa – che sull’altare del duomo di Mirandola ha deposto “un mazzo di fiori in memoria di quelli che ci hanno lasciato nel terremoto” – ha espresso “vicinanza” e “incoraggiamento per il cammino che ancora resta da fare nella ricostruzione”, ricordando i “disagi”, ma soprattutto le “ferite interiori” di chi “ha perso i suoi cari e di chi ha visto disperdersi i sacrifici di una vita intera”.
“Le ferite sono state guarite”, ha riconosciuto, “ma rimangono e rimarranno per tutta la vita le cicatrici. E guardando queste cicatrici, voi abbiate il coraggio di crescere e di far crescere i vostri figli in quella dignità, in quella fortezza, in quello spirito di speranza, in quel coraggio che voi avete avuto nel momento delle ferite”.
Un pensiero, quindi, alla necessità di proseguire l’opera di ricostruzione, in particolare “per recuperare anche i centri storici”, “luoghi della memoria storica” e “spazi indispensabili della vita sociale ed ecclesiale”. Parole che hanno fatto seguito all’annuncio dato dal vescovo di Carpi che “sono giunte alla diocesi tutte le autorizzazioni che consentiranno entro l’estate l’avvio delle opere di riparazione, restauro e miglioramento sismico del duomo di Santa Maria Assunta” a Mirandola. La popolazione, così, ha avuto doppiamente modo di festeggiare: la speranza di tornare a vivere e celebrare la propria fede nell’antico duomo ora si è fatta concreta.