Una legge d’iniziativa popolare per superare la legge Bossi-Fini, evitare situazioni di irregolarità e puntare su accoglienza, lavoro e inclusione: è la proposta presentata oggi al Senato nell’ambito della campagna Ero straniero – L’umanità che fa bene. Cambiare, cioè, le politiche sull’immigrazione e una narrazione mediatica piena di pregiudizi e menzogne. Per la tempistica sembra la risposta della società civile al decreto Minniti sull’immigrazione approvato ieri in via definitiva con la fiducia della Camera, criticato da tutte le associazioni perché limita i diritti dei richiedenti asilo. Sono 8 gli articoli contenuti nella proposta di legge che domani sarà depositata in Cassazione. Dovrà raccogliere le 50.000 firme necessarie nell’arco di sei mesi, per poi essere sottoposta al Parlamento. L’iniziativa è promossa da Radicali Italiani, Fondazione Casa della Carità “Angelo Abriani”, Acli, Arci, Asgi, Centro Astalli, Cnca, Comunità di Sant’Egidio, numerose parrocchie, associazioni, 60 sindaci italiani. Ogni giorno l’elenco si allunga sempre di più ed ha il sostegno di Caritas italiana e Migrantes.
Gli 8 punti della legge. “Ogni Stato europeo può scegliere come intervenire sul tema dell’immigrazione legale per lavoro”, ha spiegato Giulia Perin, dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), illustrando gli 8 articoli della proposta di legge. “Vogliamo superare la finzione giuridica del sistema delle quote – ha detto -. Oggi uno straniero per essere regolarizzato deve stare in Italia, trovare un lavoro, tornare nel suo Paese e poi rientrare. La legge elimina questa finzione”. In che modo? “Introducendo un permesso di soggiorno temporaneo per la ricerca di occupazione, affidando l’intermediazione tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri alle agenzie preposte o a onlus iscritte in apposito registro, per l’incontro tra domanda e offerta”. Verrebbe poi riproposto il sistema dello “sponsor” già collaudato con la legge Turco-Napolitano: un cittadino italiano può garantire l’ingresso legale di un cittadino straniero che abbia risorse finanziarie adeguate e disponibilità di un alloggio. La normativa prevede anche la regolarizzazione su base individuale degli stranieri “che dimostrano di essere radicati in Italia ma hanno perso il permesso di soggiorno”, spesso perché sono diventati disoccupati. Un punto che sta a cuore agli immigrati è poi la possibilità di ritirare l’80% dei diritti previdenziali e di sicurezza sociale una volta tornati nel Paese d’origine. Oggi gli immigrati versano ma non prendono la pensione se non ci sono accordi bilaterali tra Paesi. “Così si crea ricchezza e sviluppo e non si ruba niente all’Italia, perché le tasse sono state pagate”, ha precisato Perin. Gli altri punti della legge chiedono nuovi standard per riconoscere le qualifiche professionali; misure di inclusione attraverso il lavoro dei richiedenti asilo; l’uguaglianza nelle prestazioni di sicurezza sociale; maggiori garanzie per un reale diritto alla salute dei cittadini stranieri; voto amministrativo e abolizione del reato di clandestinità.
“Una inversione di marcia”. Si tratterebbe di “una inversione di marcia di carattere culturale per superare il distacco tra la realtà e la percezione della realtà da parte di un’opinione pubblica attanagliata dalle paure”, ha precisato don Virginio Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani” durante la presentazione al Senato. Don Colmegna è stato tra i primi promotori, insieme ad Emma Bonino, dell’iniziativa. Lo scopo della proposta, ha precisato Emma Bonino, “è superare la legge Bossi-Fini valorizzando l’esperienza di chi lavora nel settore e sa di cosa si sta parlando: la sicurezza è un obiettivo dello Stato, il problema è come ci si arriva: per noi la strada è la diminuzione dell’irregolarità e tutti gli studi e le ricerche dimostrano che chi si integra non delinque”.
Più integrazione, meno irregolari. In Italia sono stimati circa 500.000 irregolari, con il 60% delle richieste d’asilo respinte perché non c’è altro canale per entrare in Italia. Nel 2016, su oltre 180.000 persone sbarcate, sono stati firmati anche 38.000 decreti di espulsione, ma solo 5.800 eseguiti. “Anche se il decreto Minniti intende raddoppiare le espulsioni – ha commentato il sindaco di Bergamo Giorgio Gori -, credo che molti rimarranno qui come irregolari. Dobbiamo cambiare registro e pensare ad integrare chi dimostra la volontà di lavorare e rispettare le leggi”. Per Antonio Russo, delle Acli, “occorre restituire al Paese l’immagine giusta dell’immigrazione, con 5 milioni di persone che vivono e lavorano e 1 milioni di bambini e giovani che sono cittadini di fatto ma non di diritto”. Anche padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, ha notato negli anni “un indebolimento” della protezione internazionale e uno “uno snaturamento” come “con l’abolizione dei ricorsi del decreto Minniti”. Ha auspicato perciò “un cambio culturale”. Tutti concetti ribaditi dai tanti rappresentanti delle associazioni che aderiscono all’iniziativa.