“Pensiamo soltanto all’amore di Dio oggi”. Questa la consegna che papa Francesco ha lasciato a detenuti e operatori del carcere di Paliano, al termine dell’omelia della Messa “in Coena Domini”. Lontano dalle telecamere per una visita dal “carattere strettamente privato”, il Papa, all’arrivo nella casa circondariale in provincia di Frosinone (e diocesi di Palestrina), ha salutato i 58 detenuti – tutti collaboratori di giustizia – e ha visitato gli 8 detenuti malati di tubercolosi (il carcere di Paliano ha un sanatorio loro destinato) e i 2 in regime di isolamento. Completamente a braccio l’omelia, seguita dalla lavanda dei piedi a 12 detenuti: un argentino, un albanese e il resto italiani. All’indomani della visita, abbiamo raggiunto telefonicamente la direttrice del carcere, Nadia Cersosimo, raccogliendo la sua testimonianza.
Come è stata vissuta la visita del Papa?
Innanzitutto con stupore e meraviglia per il fatto che avesse scelto proprio noi, che siamo un piccolo istituto, peraltro poco indicato per vivere determinate situazioni. Ma il Santo Padre ha voluto dare la connotazione di visita privata proprio nel rispetto della particolarità dell’istituto e per dare maggior valore alla sua presenza qui, all’inizio del triduo pasquale, tra i detenuti.
A chi ha parlato Francesco? E quale messaggio vi ha trasmesso?
Il Santo Padre si è rivolto a tutti noi. Nell’omelia ha chiesto di aiutare i compagni ‘perché questo è amore, è come lavare i piedi’. Un invito ai detenuti, certo, ma anche per noi, come operatori penitenziari, è un richiamo a realizzare il mandato costituzionale e istituzionale nel rispetto della dignità dell’uomo e con l’impegno morale dell’aiuto verso la persona detenuta.
Guardare al detenuto come una persona da aiutare è anche un richiamo al carcere come luogo di rieducazione e recupero della persona?
Il carcere ha senso come istituzione se riesce a raggiungere l’obiettivo di recuperare, di attivare un processo di ravvedimento nelle persone che hanno sbagliato e dare loro speranza.
Paliano, diceva, è un carcere particolare…
I nostri detenuti sono tutti collaboratori di giustizia, uomini e donne che hanno fatto la scelta di allontanarsi dalla criminalità organizzata e che, pertanto, hanno un percorso interiore particolare. Questo da una parte aiuta l’opera di noi operatori penitenziari, ma ci porta anche ad avere maggior riservatezza e chiede maggiori misure di sicurezza, perché queste persone sono invise al resto della popolazione detenuta. Poi abbiamo un piccolo reparto sanatoriale, per i malati di tubercolosi. Davvero, quindi, il Santo Padre ha scelto gli ultimi tra gli ultimi, quanti hanno più bisogno.
Visitare i carcerati, visitare i malati. Il Papa ha cominciato il triduo pasquale con due opere di misericordia…
Ci siamo sentiti appieno in un proseguimento dell’Anno santo della misericordia.
Il Santo Padre, peraltro, aveva già accolto una richiesta che era arrivata dalla casa di reclusione, lasciando la possibilità a tutti i detenuti di ottenere l’indulgenza passando attraverso le porte delle stanze detentive e della cappella. Ogni stanza diventava porta santa. Era stato un grande gesto di amore.
Più volte i detenuti di Paliano hanno scritto lettere al Papa…
Sì, e per il Giubileo dei detenuti avevano lavorato a un quadro realizzato con il “punto a croce”, che hanno fatto avere al Papa con una missiva.
Anche ieri gli avete donato i vostri prodotti…
Gli abbiamo dato una mantellina di lana lavorata dalle detenute della sezione femminile, due penne fatte al tornio dai ragazzi che lavorano in falegnameria, un crocifisso particolare, i prodotti del nostro orto e i dolci che produciamo.
Che cosa resta nel cuore dei detenuti e degli operatori dopo l’incontro con il Papa?
Solo ora iniziamo a prendere coscienza della meraviglia del dono che il Santo Padre ci ha fatto venendo qui, all’inizio del triduo pasquale. Continuiamo a lavorare come sempre, ma con uno spirito diverso. C’è una sorta di gioia che non è comune, che può venire solo dall’amore di Dio, un amore incommensurabile, che davvero lascia lo spazio per il perdono per tutti coloro che hanno sbagliato.