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7 – Giorgio La Pira: L’utopia di un cristiano

Leggi le prime sei puntate
– un Santo moderno che moderno non era!
– un moderno che scopre le sue origini
– Cattolici in azione
– Il Vangelo non si può cambiare, le leggi sì!
– Giorgio La Pira: marxismo o Vangelo?
– la crescita umana e spirituale dell’uomo

C’è un aneddoto su La Pira e la Costituzione. In Aula, in sede di approvazione La Pira presentò un emendamento chiedendo che la Costituzione iniziasse con “In nome di Dio si promulga la Costituzione della Repubblica Italiana”. Si aprì un dibattito su questa richiesta che creò molte divisioni. Alla fine prese la parola Calamandrei dicendo a La Pira che non si poteva far dividere la maggioranza in nome di Dio, Dio è per unire, non per dividere. Così La Pira ritirò l’emendamento e vi fu una fila lunghissima che passò davanti a La Pira per congratularsi con lui per il coraggio con cui aveva proposto quell’emendamento. Lui rispondeva: “Dovevo farlo”. Qui credo si racchiuda tutto la sua utopia. Un cristiano può essere un utopista? E’ un utopista?
Quel “dovevo farlo” mi fa pensare che il cristiano non può decidere di per sé ciò che è possibile e ciò che non lo è. I cristiani sono delle porte dalle quali accede lo Spirito Santo. Ogni volta che decidiamo che qualcosa è impossibile chiudiamo quella porta. Invece, dovremmo tenerla aperta, non perché poi si realizzerà sicuramente, ma perché dobbiamo sempre dare la possibilità allo Spirito Santo di entrare nel nostro mondo attraverso di noi che ne siamo la porta.
Il Cristiano è un utopista, ma l’utopia non deve essere confusa con la presunzione! L’utopia cristiana è aprire una porta e lasciare che un Altro passi.
La presunzione, invece, è la pretesa di portare a compimento l’opera di Dio da solo.
In questo senso La Pira era un’utopista, in questo senso lui parlava di pace nel mondo agendo come se fosse realizzabile, parlasse di piena occupazione agendo come se potesse compiersi veramente, parlava di liberare il mondo dalla povertà agendo come se il giorno dopo fosse già realtà.
Se rifiutiamo l’utopia non varrebbe nemmeno la pena iniziare. Meglio lasciar stare, perché stiamo ragionando come se tutto dipendesse da noi.
E’ nella sua utopia che La Pira si presenta in Russia al Soviet per parlare di pace, è sempre nella sua utopia che si presenta da Ho Chi Min trattando la pace in Vietnam. Ovviamente senza alcun successo.
Ma il cristiano non bada al risultato! Spesso siamo legati agli obiettivi e questo ci fa perdere di vista il senso per cui ci impegniamo nel sociale, nella politica, nelle relazioni, ecc. Legarsi agli obiettivi porta all’illusione. Posso essere un’utopista, ma senza essere legato agli obiettivi perché rischiamo di perdere subito la passione, di rimanere delusi e di abbandonare ciò che stiamo facendo. Credo che se La Pira fosse stato legato agli obiettivi prefissati (la piena occupazione, la pace nel mondo), avrebbe abbandonato la sua missione prima di iniziarla. Sarebbe bastato il primo che gli avesse fatto qualche obiezione sull’impossibilità di realizzarli che non avrebbe mai iniziato a fare il Sindaco. Quello a cui dobbiamo essere legati è la ragione iniziale, ciò che ci ha mosso, quell’evento di luce e quella voce che ci ha colto nella folla.
La sua è una speranza contro ogni speranza, che nasce da una grande fede, che si fortifica nella preghiera. Questa utopia non può che nascere dalla sua fede, da una certezza di una Presenza.

Alessandro Ribeca: