“È estremamente pericoloso sganciare il concetto di accanimento terapeutico dai tre criteri di futilità, sproporzionalità e inappropriatezza” per “legarlo a un momento temporale, come prevede l’emendamento approvato oggi”. Obbligare il medico ad astenersi dalla somministrazione delle cure è pericolosissimo perché significa aprire all’abbandono terapeutico”. Lo dice al Sir Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita, commentando l’emendamento approvato oggi dall’Aula di Montecitorio dove è da questa mattina all’esame la proposta di legge sul testamento biologico. Oggi, attraverso un emendamento che sopprime il comma 6 dell’articolo 1 del provvedimento, è stato approvato il diritto del paziente di abbandonare le terapie e, novità rilevante, è stato introdotto il principio del divieto dell’accanimento terapeutico. “Nel caso di paziente con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte – recita l’emendamento -, il medico deve astenersi da ogni ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure e dal ricorso a trattamenti inutili e sproporzionati”. Per Gambino, “desta preoccupazione” ed è “un elemento di criticità” l’inserimento nel nuovo emendamento “del dovere del medico di astenersi dalla somministrazione di terapie ogni qualvolta ci si trovi di fronte ad un paziente ‘con prognosi infausta a breve termine o di imminenza di morte’, espressione che lascia molti margini di soggettività”. “Tutti – spiega – rifiutiamo l’accanimento terapeutico, che si definisce tale in presenza di cure futili, sproporzionate, inadeguate, ma a questi tre criteri che lo definiscono occorre continuare a fare riferimento. Legare invece il concetto di accanimento terapeutico ad un momento temporale, come prevede l’emendamento, è estremamente pericoloso perché ci sono situazioni che possono apparire di ‘imminenza di morte’ e che invece si prolungano per anni, o si definisce ‘situazione di fine vita’ una condizione che finisce per non essere tale. Obbligare il medico ad astenersi è pericolosissimo perché significa aprire all’abbandono terapeutico”. Di qui il richiamo alla recente sentenza del Consiglio di Stato francese che ha dato ragione ai genitori di una bimba di 15 mesi che chiedevano per la figlia il mantenimento della respirazione e della nutrizione artificiale contro il parere dei medici che volevano viceversa sospendere i trattamenti. Per i medici si trattava di “accanimento terapeutico”; non così per i giudici che “hanno chiesto il mantenimento del presidio sanitario”. Questo episodio, conclude Gambino, “dimostra quanto il passaggio approvato oggi sia delicato e da non sottovalutare”.
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