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Papa Francesco: “l’Azione cattolica deve stare in mezzo al popolo”.

Roma, 27 aprile – Papa Francesco riceve in udienza i partecipanti al Forum internazionale dell’Azione Cattolica

“Vi saluto in occasione della celebrazione di questo Congresso internazionale di Azione Cattolica, che ha come tema: “Azione Cattolica in missione con tutti e per tutti”. Mi piacerebbe condividere con voi alcune preoccupazioni e considerazioni.

Carisma – ricreazione alla luce di Evangelii gaudium

Storicamente l’Azione Cattolica ha avuto la missione di formare laici che si assumessero la propria responsabilità nel mondo. Oggi, in concreto, è la formazione di discepoli missionari. Grazie per aver assunto decisamente la Evangelii gaudium come magna carta.

Il carisma dell’Azione Cattolica è il carisma della stessa Chiesa incarnata profondamente nell’oggi e nel qui di ogni Chiesa diocesana che discerne in contemplazione e con sguardo attento la vita del suo popolo e cerca nuovi cammini di evangelizzazione e di missione a partire dalle diverse realtà parrocchiali.

L’Azione Cattolica ha avuto tradizionalmente quattro pilastri o zampe: la Preghiera, la Formazione, il Sacrificio e l’Apostolato. A seconda del momento della sua storia ha poggiato prima una zampa e poi le altre. Così, in un certo momento, a essere più forte è stata la preghiera o la formazione dottrinale. Date le caratteristiche del momento, l’apostolato deve essere il tratto distintivo ed è la zampa che si poggia per prima. E questo non va a detrimento delle altre realtà, ma, proprio al contrario, è ciò che le provoca. L’apostolato missionario ha bisogno di preghiera, formazione e sacrificio. Ciò appare chiaramente ad Aparecida e nella Evangelii gaudium. C’è un dinamismo integratore nella missione.

Formate: offrendo un processo di crescita nella fede, un percorso catechetico permanente orientato alla missione, adeguato a ogni realtà, basandovi sulla Parola di Dio, per animare una felice amicizia con Gesù e l’esperienza di amore fraterno.

Pregate: in quella santa estroversione che pone il cuore nei bisogni del popolo, nelle sue sofferenze e nelle sue gioie. Una preghiera che camini, che vi porti molto lontano. Così eviterete di stare a guardare continuamente voi stessi.

Sacrificatevi: ma non per sentirvi più puliti, il sacrificio generoso è quello che fa bene agli altri. Offrite il vostro tempo cercando come fare perché gli altri crescano, offrite quello che c’è nelle tasche condividendolo con quanti hanno meno, offrite generosamente il dono della vocazione personale per abbellire e far crescere la casa comune.

Rinnovare l’impegno evangelizzatore – diocesanità – parrocchie

La missione non è un compito tra i tanti nell’Azione Cattolica, è il compito. L’Azione Cattolica ha il carisma di portare avanti la pastorale della Chiesa. Se la missione non è la sua forza distintiva, si snatura l’essenza dell’Azione Cattolica, e perde la sua ragion d’essere.

È vitale rinnovare e aggiornare l’impegno dell’Azione Cattolica per l’evangelizzazione, giungendo a tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, in tutte le periferie esistenziali, veramente, non come una semplice formulazione di principi.

Ciò implica ripensare i vostri piani di formazione, le vostre forme di apostolato e persino la vostra stessa preghiera affinché siano essenzialmente, e non occasionalmente, missionari. Abbandonare il vecchio criterio: perché si è sempre fatto così. Ci sono cose che sono state davvero molto buone e meritorie, che oggi sarebbero fuori contesto se le volessimo ripetere.

L’Azione Cattolica deve assumere la totalità della missione della Chiesa in generosa appartenenza alla Chiesa diocesana a partire dalla Parrocchia.

La missione della Chiesa universale si aggiorna in ogni Chiesa particolare con il proprio colore; parimenti l’Azione Cattolica acquista vita autentica rispondendo e assumendo come propria la pastorale di ogni Chiesa diocesana nel suo inserimento concreto a partire dalle parrocchie.

L’Azione Cattolica deve offrire alla Chiesa diocesana un laicato maturo che serva con disponibilità i progetti pastorali di ogni luogo come un modo per realizzare la sua vocazione. Dovete incarnarvi concretamente.

Non potete essere come quei gruppi tanto universali che non hanno una base in nessun posto, che non rispondono a nessuno e vanno cercando ciò che più li aggrada di ogni luogo.

Agenti – Tutti senza eccezioni

Tutti i membri dell’Azione Cattolica sono dinamicamente missionari. I ragazzi evangelizzano i ragazzi, i giovani i giovani, gli adulti gli adulti, e così via. Niente di meglio di un proprio pari per mostrare che è possibile vivere la gioia della fede.

Evitate di cadere nella tentazione perfezionista dell’eterna preparazione per la missione e delle eterne analisi, che quando si concludono sono già passate di moda o sono superate. L’esempio è Gesù con gli apostoli: li inviava con quello che avevano. Poi li riuniva e li aiutava a discernere su ciò che avevano vissuto.

Che sia la realtà a dettarvi il tempo, che permettiate allo Spirito Santo di guidarvi. Egli è il maestro interiore che illumina il nostro operato quando siamo liberi da preconcetti e condizionamenti. S’impara a evangelizzare evangelizzando, come s’impara a pregare pregando, se il nostro cuore è bendisposto.

Tutti potete andare in missione anche se non tutti potete uscire nelle strade o nelle campagne. È molto importante il posto che date alle persone anziane che sono membri da lungo tempo o che s’incorporano. Si potrebbe dire: possono essere la sezione contemplativa e intercessore all’interno delle diverse sezioni dell’Azione Cattolica. Sono loro a poter creare il patrimonio di preghiera e di grazia per la missione. Come pure i malati. Questa preghiera Dio l’ascolta con tenerezza speciale. Che tutti loro si sentano partecipi, si scoprano attivi e necessari.

Destinatari – Tutti gli uomini e tutte le periferie

È necessario che l’Azione Cattolica sia presente nel mondo politico, imprenditoriale, professionale, ma non perché ci si creda cristiani perfetti e formati, ma per servire meglio.

È indispensabile che l’Azione Cattolica sia presente nelle carceri, negli ospedali, nelle strade, nelle baraccopoli, nelle fabbriche. Se così non sarà, sarà un’istituzione di esclusivisti che non dicono nulla a nessuno, neppure alla stessa Chiesa.

Voglio un’Azione Cattolica tra la gente, nella parrocchia, nella diocesi, nel paese, nel quartiere, nella famiglia, nello studio e nel lavoro, nella campagna, negli ambiti propri della vita. È in questi nuovi areopaghi che si prendono decisioni e si costruisce la cultura.

Snellire i modi d’inserimento. Non siate dogane. Non potete essere più restrittivi della stessa Chiesa né più papisti del Papa. Aprite le porte, non fate esami di perfezione cristiana perché così facendo promuoverete un fariseismo ipocrita. C’è bisogno di misericordia attiva.

L’impegno che assumono i laici che aderiscono all’Azione Cattolica guarda avanti. È la decisione di lavorare per la costruzione del regno. Non bisogna “burocratizzare” questa grazia particolare perché l’invito del Signore viene quando meno ce lo aspettiamo; non possiamo neppure “sacramentalizzare” l’ufficializzazione con requisiti che rispondono a un altro ambito della vita della fede e non a quello dell’impegno evangelizzatore. Tutti hanno diritto a essere evangelizzatori.

Che l’Azione Cattolica offra lo spazio di accoglienza e di esperienza cristiana a quanti, per motivi personali, si sentono “cristiani di second’ordine”.

Modo – In mezzo al popolo

Il modo dipende dai destinatari. Come ci ha detto il Concilio e preghiamo spesso nella Messa: attenti e condividendo le lotte e le speranze degli uomini per mostrare loro il cammino della salvezza. L’Azione Cattolica non può stare lontano dal popolo, ma viene dal popolo e deve stare in mezzo al popolo. Dovete popolarizzare di più l’Azione Cattolica. Non è una questione d’immagine ma di veridicità e di carisma. Non è neppure demagogia, ma seguire i passi del maestro che non ha provato disgusto per nulla.

Per poter seguire questo cammino è bene ricevere un quartiere popolare. Condividere la vita della gente e imparare a scoprire quali sono i suoi interessi e le sue ricerche, quali sono i suoi aneliti e le sue ferite più profonde; e di che cosa ha bisogno da noi. Ciò è fondamentale per non cadere nella sterilità di dare risposte a domande che nessuno si fa. I modi di evangelizzare si possono pensare da una scrivania, ma solo dopo essere stati in mezzo al popolo e non al contrario.

Un’Azione Cattolica più popolare, più incarnata, vi causerà problemi, perché vorranno far parte dell’istituzione persone che apparentemente non sono in condizioni di farlo: famiglie in cui i genitori non si sono sposati in Chiesa, uomini e donne con un passato o un presente difficile ma che lottano, giovani disorientati e feriti. È una sfida alla maternità ecclesiale dell’Azione Cattolica; ricevere tutti e accompagnarli nel cammino della vita con le croci che portano sulle spalle.

Tutti possono partecipare a partire da ciò che hanno e con quel che possono.

Per questo popolo concreto ci si forma. Con questo e per questo popolo concreto si prega.

Aguzzate la vista per vedere i segni di Dio presenti nella realtà, soprattutto nelle espressioni di religiosità popolare. Da lì potrete capire meglio il cuore degli uomini e scoprirete i modi sorprendenti con cui Dio agisce al di là dei nostri concetti.

Progetto – Azione Cattolica in uscita – Passione per Cristo, passione per il nostro popolo

Vi siete proposti un’Azione Cattolica in uscita, e questo è un bene perché vi situa sul vostro proprio asse. Uscita significa apertura, generosità, incontro con la realtà al di là delle quattro mura dell’istituzione e delle parrocchie. Ciò significa rinunciare a controllare troppo le cose e a programmare i risultati. È questa libertà, che è frutto dello Spirito Santo, che vi farà crescere.

Il progetto evangelizzatore dell’Azione Cattolica deve compiere i seguenti passi: primerear, cioè prendere l’iniziativa, partecipare, accompagnare, fruttificare e festeggiare. Un passo avanti nell’uscita, incarnati e camminando insieme. Questo è già un frutto da festeggiare. Contagiate con la gioia della fede, che si noti la gioia di evangelizzare in ogni occasione, opportuna e non opportuna.

Non cadete nella tentazione dello strutturalismo. Siate audaci, non siete più fedeli alla Chiesa se aspettate a ogni passo che vi dicano che cosa dovete fare.

Incoraggiate i vostri membri ad apprezzare la missione corpo a corpo casuale o a partire dall’azione missionaria della comunità.

Non clericalizzate il laicato. Che l’aspirazione dei vostri membri non sia di far parte del sinedrio delle parrocchie che circonda il parroco ma la passione per il regno. Non dimenticatevi però di impostare il tema vocazionale con serietà. Scuola di santità che passa necessariamente per la scoperta della propria vocazione, che non è esser un dirigente o un prete diplomato, bensì, e prima di tutto, un evangelizzatore.

Dovete essere luogo di incontro per il resto dei carismi istituzionali e dei movimenti che ci sono nella Chiesa senza paura di perdere identità. Inoltre, tra i vostri membri devono uscire evangelizzatori, catechisti, missionari, operatori sociali che continueranno a far crescere la Chiesa.

Molte volte si è detto che l’Azione Cattolica è il braccio lungo della gerarchia e questo, lungi dall’essere una prerogativa che fa guardare gli altri dall’alto in basso, è una responsabilità molto grande che implica fedeltà e coerenza a quello che la Chiesa mostra in ogni momento della storia senza pretendere di restare ancorati a forme passate come se fossero le uniche possibili. La fedeltà alla missione esige questa “plasticità buona” di chi ha rivolto un orecchio al popolo e l’altro a Dio.

Nella pubblicazione “La Acción Católica a luz de la teología Tomista”, del 1937, si legge: “Forse l’Azione Cattolica non deve tradursi in Passione Cattolica?”. La passione cattolica, la passione della Chiesa è vivere la dolce e confortante gioia di evangelizzare. Questo è ciò di cui abbiamo bisogno dall’Azione Cattolica”.

Grazie.