Di Fabio Zavattaro

Ci sono tre verbi nel brano del Vangelo di Luca dei discepoli sulla strada di Emmaus: sperare, aprire, partire. Tre verbi che si possono coniugare ricordando i 150 anni di storia dell’Azione Cattolica Italiana, appuntamento vissuto in piazza san Pietro con Papa Francesco, secondo appuntamento in quattro giorni.
Il racconto evangelico dei discepoli di Emmaus è una delle pagine più coinvolgenti di tutta la Bibbia e ne ricordiamo sempre la conclusione anche nel canto, in quel “resta con noi perché si fa sera”. È una pagina che sa parlare all’uomo di oggi, ma, se vogliamo, all’uomo di ogni tempo, perché narra lo sconforto, la speranza svanita. I due discepoli sono presi dalla loro conversazione, in realtà la traduzione del verbo greco è piuttosto litigare e non conversare; camminano e non riconoscono Gesù nel viandante che si unisce a loro. Il loro camminare indica un fallimento, una delusione. La loro meta è un tornare indietro con l’amarezza nel cuore. In qualche modo i due sono anche una proiezione di noi stessi, delle nostre sfiducie e stanchezze.
Ascoltano le parole del viandante ma non lo riconoscono, dunque. Però lo invitano a restare, a dividere la mensa. Ed è qui che finalmente i loro occhi si aprirono: Gesù entra con loro in casa. Si rendono conto che è il Cristo quando a tavola lo vedono spezzare il pane: la loro disperazione si trasforma in speranza, la loro tristezza in gioia. Scrive Luca, da quel momento “si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”. Ed ecco il terzo verbo: partire. I due hanno sofferto e nella loro disperazione è arrivato il Signore che ha camminato con loro, fianco a fianco. Lo hanno riconosciuto dallo spezzare il pane e ora sono pronti a partire e a tornare a Gerusalemme.
Ricordare i 150 anni di vita dell’Azione Cattolica è fare memoria della “storia di un popolo formato da uomini e donne di ogni età e condizione, che hanno scommesso sul desiderio di vivere insieme l’incontro con il Signore”, e di “contribuire, con il proprio impegno e la propria competenza, alla costruzione di una società più giusta, più fraterna, più solidale. È una storia di passione per il mondo e per la Chiesa: Azione cattolica e passione cattolica”. Una storia guidata dalla speranza cristiana che non chiede di camminare guardando all’indietro – né di guardarsi allo specchio, afferma Papa Francesco, e nemmeno di sedersi comodi in poltrona: “Ingrassa e fa male al colesterolo” – ma di aprirsi all’altro “prendendosi cura di tutti, aiutando ognuno a crescere umanamente e nella fede, condividendo la misericordia con cui il Signore ci accarezza”.
Nella memoria dei “grandi testimoni di santità” dell’associazione, Francesco invita gli aderenti all’Azione Cattolica a “proseguire la vostra peculiare vocazione mettendovi a servizio delle diocesi, attorno ai vescovi, e nelle parrocchie, là dove la Chiesa abita in mezzo alle persone”. Un cammino che sia esperienza missionaria, incarnata lungo le strade delle città, dei quartieri, dei paesi: “Sentite forte dentro di voi la responsabilità di gettare il seme buono del Vangelo nella vita del mondo, attraverso il servizio della carità, l’impegno politico, – mettetevi in politica, ma per favore nella grande politica, nella Politica con la maiuscola! – attraverso anche la passione educativa e la partecipazione al confronto culturale”. Dal Papa anche l’impegno a essere “viandanti della fede, per incontrare tutti, accogliere tutti, ascoltare tutti, abbracciare tutti. Ogni vita è vita amata dal Signore, ogni volto ci mostra il volto di Cristo, specialmente quello del povero, di chi è ferito dalla vita e di chi si sente abbandonato, di chi fugge dalla morte e cerca riparo tra le nostre case, nelle nostre città”. A rimanere aperti alla realtà, cercando “senza timore il dialogo con chi vive accanto a voi, anche con chi la pensa diversamente ma come voi desidera la pace, la giustizia, la fraternità. È nel dialogo che si può progettare un futuro condiviso. È attraverso il dialogo che costruiamo la pace, prendendoci cura di tutti e dialogando con tutti”.

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