NEPAL – A due anni dal disastroso terremoto che nel 2015 ha colpito il Nepal distruggendo 600mila case e causando migliaia di morti e di sfollati, sono stati restituiti i primi report relativi alla ricostruzione finanziata dalla Conferenza episcopale italiana grazie ai fondi dell’8 per mille, erogati per tramite della Caritas nepalese.
I fondi (3 milioni di euro in due tranche) erano stati stanziati il 27 aprile 2015, immediatamente a ridosso dell’emergenza venutasi a creare nel Paese a causa del sisma e sono stati messi a sistema con l’avvio del Nepal earthquake recovery program (Nerp), un progetto da 24 milioni di euro che ha individuato obiettivi strategici di intervento relativi alle necessità abitative, alla sicurezza sanitaria, alla ricerca di mezzi di sussistenza, al supporto psicosociale.
La Caritas nepalese ha in carico la ricostruzione di tre distretti (Kavrepalanchok, Sindhupalchok, Dolkha), tutti classificati al più alto livello di gravità (“severely hit”) per un totale di quasi 900mila abitanti. A questi si aggiunge il distretto di Sindhuli – 279.821 abitanti – per alcuni ambiti (“crisis hit”).
Nello specifico, la prima tranche di 1,5 milioni di euro dei fondi Cei è stata utilizzata su tre fronti principali.
Il primo è relativo alla costruzione di casette antisismiche che, ad oggi, vedono il completamento di 575 unità abitative mentre altre 1281 sono state iniziate: si tratta del 38,4% delle 4825 pianificate in totale. La previsione è di completare mediamente 200 case al mese (600 in ogni trimestre), così da concludere il progetto nel primo trimestre del 2019.
Il secondo ambito di intervento si è concretizzato nell’avvio di un programma educativo sull’uso corretto dell’acqua e sulle più elementari modalità igieniche, costruendo tubature e tank di deposito.
Infine, è stata supportata la ripresa della coltivazioni necessaria alla sussistenza. Sono pertanto state fornite sementi, concime, alberelli da frutto, utensili ed equipaggiamento per la coltivazione, “plastic tunnel” antiparassiti. Collateralmente si è intervenuti sulla manutenzione delle strade, per mantenere operativi i fossati di scolo ed evitare che esse vengano dilavate dalle acque piovane. Grazie a questi interventi è stato possibile coltivare campi di pomodori e altri ortaggi.