“Tra il 2015 e il 2016 sono stati registrati almeno 300mila bambini non accompagnati e separati in circa 80 Paesi, rispetto ai 66mila tra il 2010 e il 2011”. È quanto emerge da “Un bambino è un bambino”, il nuovo rapporto che l’Unicef ha diffuso ieri. In tutto il mondo, quindi, “i bambini rifugiati e migranti che si sono spostati da soli hanno raggiunto un numero record, quasi quintuplicato dal 2010”. Inoltre, rileva l’Unicef, tra il 2015 e il 2016, “200mila bambini non accompagnati hanno fatto richiesta di asilo”, “100mila sono stati arrestati al confine Stati Uniti-Messico” e “170mila hanno fatto richiesta di asilo in Europa”. Il rapporto evidenza poi che “il 92% di tutti i bambini arrivati in Italia via mare nel 2016 e nei primi mesi del 2017 erano non accompagnati e separati”. Inoltre, a livello globale “circa il 28% delle vittime di tratta sono bambini” con punte del 64% in Africa Sub Sahariana e del 62% in America Centrale e nei Caraibi. “Il numero di bambini che si mettono in viaggio da soli è sconcertante, noi adulti non li stiamo proteggendo”, dichiara Justin Forsyth, vice direttore generale dell’Unicef. “Responsabili di traffico e di tratta senza pietà stanno sfruttando le loro vulnerabilità per un guadagno personale, aiutando i bambini a superare i confini solo per venderli e costringerli alla schiavitù e alla prostituzione forzata”, aggiunge Forsyth, accusando che “è immorale il fatto che non stiamo difendendo adeguatamente i bambini da questi sfruttatori”. Prima del G7 che si svolgerà in Italia, l’Unicef chiede ai Governi di adottare un’agenda di sei punti per “proteggere i bambini rifugiati e migranti da sfruttamento e violenza”, “porre fine alla detenzione dei bambini richiedenti lo status di rifugiato o migranti”, tenere unite le famiglie”, “consentire ai bambini rifugiati e migranti di studiare e dare loro accesso a servizi sanitari e di altro tipo, di qualità”, “intraprendere azioni sulle cause che spingono a movimenti di massa di migranti e rifugiati”, “promuovere misure che combattano xenofobia, discriminazioni e marginalizzazione nei Paesi di transito e di destinazione”.
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