23 maggio 1992, era sabato di venticinque anni fa. Ci sono dei giorni, in cui la storia, quella con la S maiuscola entra nelle nostre vite, quel sabato di maggio è stato così, sebbene non ne avessi in quel momento la percezione. Però me lo ricordo bene quel pomeriggio. C’era la festa conclusiva dei giovani di Azione Cattolica a Acquaviva, alla Rocca, eravamo studenti delle superiori in festa, contenti e spensierati. Rimanemmo fino a tardi, la musica era finita, toccava insomma rimanere a pulire mentre tutti andavano via, mia mamma era educatrice del nostro gruppo, era lei che ci scarrozzava del resto. Ricordo ancora che indossavo un maglioncino azzurro, non avrei saputo dire perché tanti particolari fossero rimasti così impressi nella memoria, senza un preciso motivo. Credo di averlo capito solo nel tempo, di aver capito il valore della memoria che si nutre di particolari così ordinari e quotidiani.
Non c’erano i telefonini e le connessioni, ma era arrivata una notizia strana, non chiara, ma triste, qualcosa era successo. Mia madre, accennò a una bomba mentre rincasavamo dalla festa, rendendoci partecipi, e subito la premura di accendere la tv per capire e avere notizie. Notizia che si delineò via via più chiaramente nella sua portata drammatica e violenta. Un ricordo latente nei piccoli particolari così vividi di una giornata di festa con gli amici, che diventa un ricordo nitido nutrito poi dalla forza prorompente della violenza di quelle immagini, che tante volte poi abbiamo visto: un segnale autostradale “Capaci” e la devastazione, l’uccisione nello svolgimento del proprio lavoro…
Immagini semplici di un pomeriggio festoso impresse nella memoria a coltivare le sensazioni di un evento tanto grave, che hanno segnato più di quanto evidentemente non fosse chiaro allora, presenti come un fiume carsico che ho ben compreso forse solo ora.
Presenti nell’impegno associativo, in quell’esperienza di Ac che è compagna di strada nella vita quotidiana, nei gesti, nelle scelte di ogni giorno, ben oltre la bellezza del fare un momento di festa. Nella quotidianità di cittadini degni del Vangelo, credibili, impegnati per il Bene comune, per il nostro paese, per la giustizia.
Nell’incontro con Libera e quella memoria che si fa impegno e responsabilità condivisa. Fiduciosi di un impegno a cambiare le cose, contro tutti quegli atteggiamenti corrotti e mafiosi, voce di vittime innocenti e di testimoni di un lavoro svolto con fedeltà a ciò in cui si crede, come appunto Falcone e la scorta.
Nell’insegnamento di mia madre che quella sera condivise lo sbigottimento e l’orrore della notizia della strage guardando insieme la tv; educazione all’attenzione alla vita e alla comunità in cui si vive: impegno cristiano, e laico, di passione e speranza.
Oggi come adulti, non possiamo cedere alla banalizzazione, alla scrollata di spalle di fronte alle tante forme di corruzione e di mafiosità, non possiamo tradire la memoria. Abbiamo il compito educativo, culturale e civile di impegnarci con corresponsabilità nella legalità, in azioni di giustizia, nella cura del nostro paese e dei concittadini, in un lavoro che sia etico e dignitoso.
Oggi e ancora domani.