ZENIT / di Paul De Maeyer
“Gesù cammina con tutte le persone sfiduciate”. Lo ha ricordato papa Francesco durante l’Udienza generale in piazza San Pietro di mercoledì 24 maggio, nella quale ha invitato i pellegrini a soffermarsi sull’esperienza dei discepoli di Emmaus e a immaginare la scena — un elemento fondamentale della pedagogia ignaziana — raccontata dall’evangelista Luca (24,13-35).
“Due uomini camminano delusi, tristi, convinti di lasciare alle spalle l’amarezza di una vicenda finita male”, ha descritto il Pontefice la scena. Erano delusi poiché la loro speranza in Gesù, il Messia, era una speranza “solamente umana”, andata “in frantumi” ai piedi della “croce issata sul Calvario”. I discepoli di Emmaus “hanno tutto l’aspetto di persone intente a rimuovere un ricordo che brucia”.
E proprio con loro “Gesù incomincia la sua ‘terapia della speranza’”, ha proseguito il Papa. “Anzitutto domanda e ascolta”, poiché — ha ricordato il Pontefice — “il nostro Dio non è un Dio invadente”. “Anche se conosce già il motivo della delusione di quei due, lascia a loro il tempo per poter scandagliare in profondità l’amarezza che li ha avvinti”, e “ne esce una confessione che è un ritornello dell’esistenza umana: «Noi speravamo, ma… Noi speravamo, ma…»”.
Infatti, per papa Francesco il racconto di Emmaus è l’iter spirituale di tante persone, di tanti cristiani. “Quante volte nella vita abbiamo sperato, quante volte ci siamo sentiti a un passo dalla felicità, e poi ci siamo ritrovati a terra delusi”, ha osservato il Pontefice, che poi si sofferma su un altro atteggiamento chiave di Gesù: cammina con loro e spiega le scritture.
Infatti, “Gesù cammina con tutte le persone sfiduciate che procedono a testa bassa. E camminando con loro, in maniera discreta, riesce a ridare speranza”, ha affermato Francesco, ricordando che “la vera speranza non è mai a poco prezzo: passa sempre attraverso delle sconfitte”.
Il momento chiave dell’incontro di Gesù con i discepoli di Emmaus avviene quando Egli ripete per i due discepoli quello che papa Francesco ha definito “il gesto-cardine di ogni Eucaristia”, cioè “prende il pane, lo benedice, lo spezza e lo dà.”
“In questa serie di gesti, non c’è forse tutta la storia di Gesù? E non c’è, in ogni Eucaristia, anche il segno di che cosa dev’essere la Chiesa?”, ha detto: “Gesù ci prende, ci benedice, ‘spezza’ la nostra vita – perché non c’è amore senza sacrificio – e la offre agli altri, la offre a tutti.”
Nel racconto di Emmaus, “c’è tutto il destino della Chiesa”, ha proseguito il Papa. Racconta infatti che “la comunità cristiana non sta rinchiusa in una cittadella fortificata, ma cammina”, e camminando “incontra le persone, con le loro speranze e le loro delusioni, a volte pesanti”, “ascolta le storie di tutti”, “per poi offrire la Parola di vita”.
Emmaus insegna, ha concluso il Papa, che “anche attraverso le apparenze contrarie, noi continuiamo ad essere amati, e Dio non smetterà mai di volerci bene. Dio camminerà con noi sempre, sempre, anche nei momenti più dolorosi, anche nei momenti più brutti, anche nei momenti della sconfitta.”
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