di Marco Pedde
Da qualche decennio, ma in particolare negli ultimi anni, assistiamo a un fenomeno migratorio, direi un vero esodo biblico, che non ha eguali nella storia. Per millenni, il Mediterraneo, da Est a Ovest, da Nord a Sud, è stato il luogo, un’autostrada naturale, di transito per scambi commerciali e culturali.
Oggi quel mare rappresenta per migliaia e migliaia di persone la via e la speranza di raggiungere una “terra promessa” in cui vivere liberamente la propria vita, lontano dalle guerre e dalla fame.
Sorrido, per usare un eufemismo, nell’assistere a dibattiti televisivi dove, esponenti politici e autorevoli giornalisti, non solo minimizzano le cause di questo epocale fenomeno ma si mettono a sindacare sulle motivazioni che spingono queste persone a lasciare, a volte definitivamente, la propria terra. Non mancano poi i distinguo tra chi scappa dalla guerra e chi per motivi economici, come se questi ultimi non abbiano il diritto a essere accolti.
Il mio pensiero e il mio plauso va a chi opera per salvare vite umane a prescindere dalla loro provenienza. Compito di chi ha responsabilità politica è di fornire efficienti strumenti per fare una buona accoglienza e mettere in atto adeguate politiche di integrazione e inclusione sociale. A tal proposito, il Governo ha posto in essere un sistema di accoglienza denominato Sprar (Sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati), a cui ha aderito, cosi come tanti altri in Italia, anche il Comune di Nuoro. Il sistema prevede, coinvolgendo le amministrazioni locali, la distribuzione dei migranti in tutto il territorio, evitando una forte concentrazione che sfocia in veri e propri ghetti e impedisce l’integrazione e l’inclusione.
In queste settimane, attraverso periodici incontri nelle varie parrocchie e quindi direttamente nei quartieri, gli amministratori comunali nuoresi portano avanti una giusta campagna informativa per spiegare alla cittadinanza il significato e l’efficacia di questo sistema di accoglienza.
Spiace constatare che una parte minoritaria dei cittadini, soprattutto attraverso i social, manifesti resistenze, adducendo motivazioni nel nome del “prima ‘noi’ nuoresi poi gli ‘altri’”, come se il malessere sociale che si vive in città e nel resto d’Italia dipendesse dalla presenza dei migranti.
In questo approccio, si percepisce una sensazione di disprezzo, tipica di una società chiusa. Il problema di fondo è che una parte della popolazione non è preparata culturalmente a riconoscere e accettare le diversità considerandole un pericolo, una minaccia, più che un arricchimento. Sovente mi capita, nel buio e nel silenzio della notte, dove si sente solo l’atto respiratorio del ventilatore, di immergermi totalmente nelle mie riflessioni. Allora immagino lo scenario: una famiglia riunita, magari attorno a un vecchio tavolo, che, in particolari condizioni psicologiche, decide di affrontare questo lungo e insidioso viaggio della speranza, portando con sé quei poveri e ignari bambini che non possono fare altro che subire le scelte dei propri genitori.