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“La vera consolazione è dono e servizio”

ZENIT / di Paul De Maeyer

“La vera consolazione ha questa doppia alterità: è dono e servizio.” Lo ha sottolineato papa Francesco lunedì 12 giugno 2017 nella Messa mattutina a Santa Marta, riportata come di consueto da Radio Vaticana.

“Per essere consolato è necessario riconoscere di essere bisognoso”, ha ricordato il Papa, il quale ha aggiunto che “soltanto così il Signore viene, ci consola e ci dà la missione di consolare gli altri”.

Per poter consolare — ha proseguito Francesco, meditando sulla Prima lettura presa dalla Seconda Lettera ai Corinzi (1,1-7) di Paolo, in cui appaiono per ben nove volte la parola “consolazione” o forme del verbo “consolare” — occorre però un “cuore aperto”, che a sua volta presuppone “un cuore felice”.

Ed è proprio il Vangelo di oggi, le Beatitudine (Matteo 5,1-12), che ci indica o insegna “chi sono i felici, chi sono i beati”. Sono — ha detto il Papa — i poveri, quelli che sanno piangere, quelli miti, quelli affamati di giustizia, quelli che sono misericordiosi, i puri di cuore, gli operatori di pace e quelli che sono perseguitati per la giustizia.

Non sanno consolare invece coloro che sono “chiusi”, che si sentono “ricchi di spirito”, vale a dire i “sufficienti” o coloro “che non hanno bisogno di piangere perché si sentono giusti”, i violenti, gli ingiusti, coloro che sono senza misericordia, “quelli sporchi di cuore”, gli “operatori di guerre”, e coloro che non vengono mai criticati o perseguitati perché non gli importa delle ingiustizie verso le altre persone.

Hanno un cuore chiuso e quindi non sono felici, poiché non può entrare il dono della consolazione per poi darlo agli altri, ha rammentato il Papa, che ha esortato i presenti a chiedersi come sia il proprio cuore, aperto — almeno “un pochettino”, così Lui “si arrangia per entrare” — o invece chiuso.

Nella sua meditazione nella cappella della “Domus Sanctae Marthae”, il Papa si è soffermato anche su un’altra qualità della consolazione. Non è “autonoma”, ha spiegato. Infatti, “ha bisogno sempre di un’alterità per essere piena: nessuno può consolare se stesso, nessuno”. Chi lo fa o cerca di farlo, respirerà “solo l’aria narcisista dell’autoreferenzialità. Questa è la consolazione truccata che non lascia crescere”.

Nel Vangelo non mancano gli esempi di gente chiusa, ha osservato Francesco. Ci sono infatti i dottori della Legge, inoltre il ricco Epulone, e poi il fariseo, che ringrazia Dio per non essere come gli altri uomini. Quest’ultimo — ha osservato il Papa — “si guardava allo specchio”, “guardava la propria anima truccata da ideologie e ringraziava il Signore”. Questa gente non arriverà mai alla pienezza, ha avvertito Francesco, arriverà “al massimo alla ‘gonfiezza’”, vale a dire alla vanagloria.

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