ZENIT / di Britta Dorre
Papa Francesco è partito ieri mattina, martedì 20 giugno 2017, alle ore 7.30 dall’eliporto vaticano per il suo pellegrinaggio a Bozzolo (Lombardia) e Barbiana (Toscana) presso le tombe di rispettivamente don Primo Mazzolari (1890-1959) e di don Lorenzo Milani (1923-1967), “due parroci che hanno lasciato una traccia luminosa”.
Al suo arrivo verso le ore 9 nel campo sportivo di Bozzolo, in provincia di Mantova, Francesco è stato accolto dal vescovo di Cremona, mons. Antonio Napolioni, e dal sindaco, Giuseppe Torchio. Poi il Papa si è recato in auto alla parrocchia di San Pietro, dove ad aspettarlo erano il parroco don Gianni Maccalli e il vicario don Gabriele Barbieri.
Dopo aver pregato in silenzio davanti alla tomba di Don Primo, che Giovanni XXIII chiamò “la tromba dello Spirito Santo nella Bassa padana”, Francesco si è recato nella sagrestia della chiesa parrocchiale, dove gli sono stati mostrati dal presidente della Fondazione Mazzolari, don Bruno Bignami, e dal presidente del Comitato Scientifico della Fondazione Mazzolari, prof. Giorgio Vecchio, alcuni ricordi e opere di don Primo.
La personalità sacerdotale di don Primo, detto anche il “parroco d’Italia” — così ha ricordato Francesco nel suo discorso –, non era “una singolare eccezione, ma uno splendido frutto delle vostre comunità”. Non sempre “compreso e apprezzato”, egli ha sofferto perché “camminava avanti con un passo troppo lungo”, ha detto il Papa, citando Paolo VI.
Tra le persone che hanno segnato don Mazzolari negli anni di giovinezza, il Pontefice ha menzionato “il grande vescovo Geremia Bonomelli” (1831-1914), definendolo un “protagonista del cattolicesimo sociale, pioniere della pastorale degli emigranti”.
Nel suo discorso, Jorge Bergoglio si è soffermato in particolare su tre “scenari”, che ogni giorno riempivano gli occhi e il cuore di don Primo, cioè “il fiume, la cascina e la pianura”.
Con l’aiuto di queste tre immagini Jorge Bergoglio ha sottolineato “l’attualità” del messaggio del fu parroco di Bozzolo. Don Mazzolari — così ha detto — “non si è tenuto al riparo dal fiume della vita, dalla sofferenza della sua gente, che lo ha plasmato come pastore schietto ed esigente, anzitutto con sé stesso. Lungo il fiume imparava a ricevere ogni giorno il dono della verità e dell’amore, per farsene portatore forte e generoso”.
Don Primo “non è stato uno che ha rimpianto la Chiesa del passato, ma ha cercato di cambiare la Chiesa e il mondo attraverso l’amore appassionato e la dedizione incondizionata”, ha proseguito, mentre ha indicato tre strade che non conducono nella direzione evangelica: la strada del “lasciar fare”, poi quella dell’“attivismo separatista” e infine quella del “soprannaturalismo disumanizzante”.
Dall’immagine del fiume papa Francesco è passato a quella della cascina, poiché “la cascina, la casa, ci dicono l’idea di Chiesa che guidava don Mazzolari”. Don Primo infatti “pensava a una Chiesa in uscita” e perciò lo chiamavano il “parroco dei lontani”. “Li ha sempre amati e cercati, si è preoccupato non di definire a tavolino un metodo di apostolato valido per tutti e per sempre, ma di proporre il discernimento come via per interpretare l’animo di ogni uomo”, ha detto Francesco, aggiungendo che “il prete non è uno che esige la perfezione, ma che aiuta ciascuno a dare il meglio”.
Infine il Papa si è soffermato sull’immagine della pianura. Essa — ha ricordato Francesco — non offre “rassicuranti confini”. E infatti, alla vita ed attività pastorale di don Primo si sono aperti “diversi orizzonti”. Egli ha dovuto affrontare “le guerre, i totalitarismi, gli scontri fratricidi, la fatica della democrazia in gestazione, la miseria della sua gente”.
Il Papa ha quindi incoraggiato i sacerdoti “ad ascoltare il mondo, chi vive e opera in esso, per farvi carico di ogni domanda di senso e di speranza, senza temere di attraversare deserti e zone d’ombra”. “Così possiamo diventare Chiesa povera per e con i poveri, la Chiesa di Gesù”, ha aggiunto Francesco, che ha concluso il suo discorso recitando una preghiera di don Mazzolari.
Al termine della sua visita il Papa è tornato al campo sportivo di Bozzolo, da dove è partito per Barbiana, in Toscana, verso le ore 10.30.
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