Mentre ascolto la meditazione di don Leonardo, mi vengono in mente le camminate su per le montagne durante i campi scuola. Penso a quei tre o quattro ragazzini che correvano sempre avanti e, siccome non conoscevano la strada, erano costretti a fermarsi e rimettersi in fila con gli altri dietro a chi guidava.
Torniamo al Vangelo e al racconto di quell’episodio avvenuto al punto più lontano da Gerusalemme, a Cesarea di Filippo, il punto più a nord della Palestina.
Quando si intreccia, magari casualmente, una relazione, prima o poi ci si chiede chi veramente è l’altro. Così i discepoli dopo la chiamata, lo stare insieme, le esperienze entusiasmanti fatte col Maestro, si sentono chiedere da Gesù: “chi sono io per te ?”. Una domanda diretta, personale, impegnativa, non a caso posta prima di affrontare la salita a Gerusalemme che conoscerà la sofferenza, il dolore, la croce. Come dire che per affrontare questo cammino prima è necessario sapere chi è Gesù (Mc 8,27-38) .
Ci viene fatto notare che, ieri come oggi, Gesù gode presso gli uomini di una buona fama: è un personaggio! Come Elia, Mosè. Non a caso anche ai nostri giorni gli attacchi sono diretti ai cristiani, non a Gesù. Tutti riconoscono il suo carisma, il suo fascino, la potenza del suo insegnamento. Ma con un personaggio è difficile avere una relazione, per il discepolo deve scattare qualcosa di più profondo, di più intimo.
Fortissimo Gesù anch’io vorrei rispondere come Pietro:”Tu sei”. Un ‘tu’ che parla di una persona vivente , di relazione , amicizia, intimità. Tu sei una presenza che riempie la mia vita! E quando ti rivelerai attraverso la sofferenza, patita a causa degli uomini, aiutami a non scandalizzarmi, ad entrare nella sapienza divina. Fammi vincere la ricorrente tentazione di afferrarti e portarti in disparte, quasi a volerti insegnare come ‘fare Dio’.
Pazientissimo Gesù, voltati e ripetimi con forza, come hai fatto con i primi discepoli, quel “mettiti dietro di me” , come bisognava dire , nelle camminate in montagna, a quei tre o quattro ragazzi del camposcuola che correvano avanti senza conoscere la strada . Fammi tornare ai giorni della chiamata quando mi dicevi: “su, coraggio, vieni dietro a me!”. E darmi la forza di rinnegare me stesso, aiutami a riconoscere che quello che mi dici è davvero molto più grande di quello che posso pensare io, che non c’è paragone tra la tua Parola e le mie parole.
I raggi del sole del primo pomeriggio rendono ancora più luminoso il paesaggio e gli occhi si fermano ad ammirare la maestosità dei monti, mentre il pensiero va al fatto che scalarli, come quando si era giovani, oggi sarebbe un’impresa.
Ma proprio a salire la montagna invita la pagina del Vangelo proposta per la riflessione pomeridiana (Mc 9,2-8). Fortunatamente viene subito chiarito che si tratta di un luogo teologico, certamente non meno faticoso!
Gesù vuol farci il dono più grande: portarci lentamente dentro la relazione tra Lui e il Padre. Questa bellezza del legame tra il Padre e il Figlio fa dire ai discepoli di voler rimanere lì. È meraviglioso: se Mose ed Elia sono gli unici che nell’ At hanno visto Dio, ma solo di spalle, ora Gesù diventa l’accesso al volto del Padre.
Salire il monte della contemplazione ed essere felici perché Gesù è l’amore, da una parte fa venire le vertigini, dall’altra fa nascere il desiderio di fare tre tende cioè di avere Dio sempre in mezzo a noi, ma forse la cose più importante è accogliere quanto chiede la voce dall’alto : ascoltatelo.
Mentre si attutisce il calore e il colore, e scende lentamente la nostre si fa strada ancora la preghiera: Signore se gli occhi non vedono, apri le mie orecchie perché se ti ascolto riesco ad aderire alla tua persona e fammi sentire ancora una vota che, nonostante tutto, in Te sono anch’io, insieme ai miei fratelli, l’amato dal Padre.
Signore grazie per il dono della tua parola, fa che possiamo dirTi sempre “che bello essere qui”, e donaci di provare grande gioia perché tu sei l’amore.