Foto Federico Del Zompo
DIOCESI – “Quando un fedele comprende che nella Chiesa ognuno ha un ruolo di responsabilità per il bene comune e si rende disponibile per il servizio, non c’è che da rendere lode al Signore e accogliere con gratitudine il suo dono di amore alla Chiesa. Il diacono, infatti, è questo: un fedele che si rende disponibile al servizio. Dove? Dove la Chiesa ritiene di avere bisogno di lui”.
Con queste parole, sabato 24 giugno, il Vescoco Carlo Bresciani presso la Cattedrale Madonna della Marina ha aperto la sua omelia in occasione dell’ordinazione diaconale di Emanuele Imbescia.
Il Vescovo ha poi afformato:”Il servizio alla Chiesa il diacono non lo sceglie, ma lo accoglie dalla Chiesa, come i primi sei diaconi che furono pregati dagli Apostoli di servire alle mense, affinché nessuno fosse trascurato. Quando il servizio ce lo scegliamo noi, rischiamo di servire solo noi stessi e non la Chiesa. Chi vuol servire la Chiesa a modo suo, non serve la Chiesa, ma si serve della Chiesa per servire se stesso e le sue opere moriranno con lui. Questo vale per tutti, nessuno escluso; in modo particolare vale per il diacono, che, attraverso l’ordinazione conferitagli con l’imposizione delle mani del Vescovo, riceve una speciale missione a servizio dei bisogni della Chiesa, soprattutto nella persona dei più poveri. Voglio citarti, caro Emanuele, papa Francesco che nella sua visita a Milano il 25 marzo di quest’anno ebbe a dire: «Il diaconato è una vocazione specifica, una vocazione familiare che richiama il servizio. A me piace tanto quando [negli Atti degli Apostoli] i primi cristiani ellenisti sono andati dagli apostoli a lamentarsi perché le loro vedove e i loro orfani non erano ben assistiti, e hanno fatto quella riunione, quel “sinodo” tra gli apostoli e i discepoli, e hanno “inventato” i diaconi per servire.
E questo è molto interessante anche per noi vescovi, perché quelli erano tutti vescovi, quelli che hanno “fatto” i diaconi. E che cosa ci dice? Che i diaconi siano i servitori. Poi hanno capito che, in quel caso, era per assistere le vedove e gli orfani; ma servire [era ed è, l’indicazione più importante]. E a noi vescovi: la preghiera e l’annuncio della Parola; e questo ci fa vedere qual è il carisma più importante di un vescovo: pregare. Qual è il compito di un vescovo, il primo compito? La preghiera. Secondo compito: annunciare la Parola. Ma si vede bene la differenza. E a voi [diaconi]: il servizio. Questa parola è la chiave per capire il vostro carisma. Il servizio come uno dei doni caratteristici del popolo di Dio. Il diacono è – per così dire – il custode del servizio nella Chiesa. Ogni parola dev’essere ben misurata. Voi siete i custodi del servizio nella Chiesa: il servizio alla Parola, il servizio all’Altare, il servizio ai Poveri. E la vostra missione, la missione del diacono, e il suo contributo consistono in questo: nel ricordare a tutti noi che la fede, nelle sue diverse espressioni – la liturgia comunitaria, la preghiera personale, le diverse forme di carità – e nei suoi vari stati di vita – laicale, clericale, familiare – possiede un’essenziale dimensione di servizio. Il servizio a Dio e ai fratelli. E quanta strada c’è da fare in questo senso! Voi siete i custodi del servizio nella Chiesa».
Quanto sono belle queste parole, quanto chiariscono il senso della fede cristiana come sequela di Cristo e il carisma del servizio che il diacono è chiamato a rendere presente a beneficio di tutta la Chiesa! Fanne una regola della tua vita, caro Emanuele. Aiutato da tua moglie e dalla tua famiglia perseguila sempre. Non è importante cercare ruoli di visibilità (neppure sull’altare) o di prestigio sociale od ecclesiale: questo lascialo fare a chi cerca il consenso sociale o pensa alla ‘carriera’. Il cristiano cerca di seguire Cristo, sempre, anche quando mancano gli applausi della gente o le luci della ribalta, anzi, queste cerca di fuggirle per quanto può. La sua carriera è verso il basso, verso colui che ha bisogno del suo servizio. Per questo, se necessario, rinuncia prontamente e senza farlo pesare anche a qualche ora di sonno o di meritato riposo dopo una giornata di lavoro. Ma non dimenticare che sei sposato e hai una famiglia, la quale, se, da una parte, dovrà comprenderti e sostenerti in questa tua missione nella Chiesa, dall’altra, essa pure ti è affidata da Dio e, quindi, dovrai custodirla nell’amore e nella fedeltà, perché cresca come piccola Chiesa domestica. La vocazione al diaconato permanente si aggiunge alla vocazione matrimoniale, non la elimina, ma in un certo senso la porta a compimento, in quanto come marito e padre è chiamato a servire la propria famiglia e a guidarla a Dio, come ogni marito e padre cristiano.
Caro Emanuele, vivi il tuo servizio alla Chiesa nella gioia e nella gratitudine, anche nel momento della fatica e, forse, pure di qualche delusione o incomprensione. Molto hai ricevuto da Dio e molto riceverai ancora, ma molto sei chiamato a dare con generosità e disinteresse sulle strade che il Signore ti indicherà attraverso la Chiesa. Tieni sempre fisso lo sguardo sulla meta che è il servire e sta aggrappato a Gesù, imitandolo nella dedizione al suo corpo che è la Chiesa. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio padre e la comunione dello Spirito santo sia sempre con te e con noi”.