Nel Kasai, una regione del centro del Paese ricca di giacimenti minerari, molte delle vittime appartengono alle comunità luba. Ad avere una connotazione etnica sarebbe una delle principali milizie coinvolte negli scontri, denominata Kamuina Nsapu, in armi contro unità irregolari che sostengono invece il governo di Kabila.
Del Kasai era originario Etienne Tshisekedi, capo storico dell’opposizione politica scomparso pochi mesi fa. Secondo suor Tokoyo, però, le violenze sono solo in parte dovute a sentimenti anti-governativi particolarmente diffusi nella regione. “Kabila – sottolinea la missionaria – vuole sfruttare la crisi per sostenere che i registri elettorali non possono essere aggiornati e per rinviare cosi’ il voto a tempo indeterminato”. Il riferimento e’ allo scontro politico in atto ormai da anni. Alla fine del 2016 è giunto a scadenza l’ultimo mandato di Kabila permesso dalla Costituzione. Un’intesa mediata dalla Chiesa cattolica prevede la nascita di un esecutivo di coalizione ma l’attuazione del compromesso, che passerebbe comunque per un voto entro il 31 dicembre 2017, si è scontrato con ritardi e resistenze.
Secondo suor Tokoyo, Kabila non sembra disposto a fare passi indietro. A confermarlo un episodio avvenuto questa settimana a Lubumbashi, il capoluogo di un’altra regione mineraria, il Katanga, dove il presidente aveva convocato i deputati e i rappresentanti religiosi della città. “Quando ha saputo che a causa di un lutto familiare monsignor Jean-Pierre Tafunga era assente ha cominciato a inveire”, racconta la missionaria. “Poi ha preso ad accusare tutta la Chiesa cattolica di alimentare i disordini chiedendo che si voti ‘entro dicembre o niente’”.