Per la nostra rubrica questa settimana abbiamo intervistato Giovanna Frastalli
Leggi le precedenti interviste a Marco Marziali Giulietta Straccia, Mirella Ruggieri Tiziana Marchionni, Milena Bernardini, Barbara Tomassini, Paolo Piunti, Antonio Lera, Gianni Marcantoni, Giuseppe Palestini, Genti Tavanxhiu, Giuseppe Alesiani, Carla Civardi, Tanya del Bello, Giacomo Cagnetti, Fabrizio Mariani, Simona Tesei, Giarmando Dimarti, Leo Bollettini, Salvo Lo Presti, Bianca Maria Romano, Gabriele Baglioni, Antonio Biocca, Federico del Zompo, Sara Palladini, Alessandra Bucci, Massimo Rodilossi e Lorena Ulpiani
SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ricordo bene quel giorno, c’eravamo dati appuntamento a San Benedetto, il tiepido sole invitava a fare due passi, la meta il bar del centro. La scelta della saletta interna fu congeniale per stare tranquilli, due caffè per rompere il ghiaccio e da li a poco la sorpresa. Ci furono parole per l’arte, la storia, la toponomastica, il lavoro e i sogni; riflessioni e curiosità caratterizzarono quel primo incontro fuori contesto, con il maestro Carlo Gentili. Fu la scoperta dell’uomo oltre l’artista, che a “tradimento e inaspettatamente” mi chiese l’intervista che segue. E’ stata dura, lo confesso, sono passati 4 mesi da allora e non sono mancati ripensamenti e indecisioni. Derrida diceva: “il n’y a pas de hors-texte”, forse aveva ragione, ma avete mai pensato al “fuori dal testo”? Perché c’è sempre “un fuori testo” ed è lì che vivo io.
Caro Carlo, l’attesa è finita.
Giovanna perché l’artista crea? Perchè il poeta o lo scrittore affidano ad un foglio i propri pensieri? E il musicista? Il pensatore?
E’ difficile rispondere senza essere superficiali o cadere in luoghi comuni. Provo a fare un passo indietro e a partire dal concetto di arte e di artista. Non sfugge a nessuno il pensiero che l’arte, in ogni sua dimensione espressa, sia la prima e più grande testimonianza che l’uomo lascia all’umanità e alla storia. Essa stessa rappresenta armonia e dialogo, parola e suono. L’artista, libero dal condizionamento delle regole, vive sfuggendo l’equilibrio, osserva, ascolta e poi crea. Coglie la metamorfosi, le sfumature. Studia, padroneggia i linguaggi, gioca tra significati e significanti, si mescola a fatica alle persone, e poi lascia che il proprio ritmo “si apra e si chiuda liberamente senza paura” per mescolarsi a quello degli altri. L’artista attraverso l’arte, può, restituire il senso alla vita.
L’intellettuale, il pensatore, l’artista hanno un dovere assoluto che li accomuna? Hanno un obbligo morale che li induce, se serve, ad andare contro corrente?
Un poeta palestinese scriveva “Bisogna assediare l’assedio”, alla poesia, all’arte, alla musica il compito di abbattere confini e pregiudizi per aprire nuovi orizzonti attraverso la Parola. Credo che questo concetto custodisca in se’ una grande verità. L’arte può produrre “nuovi processi di conoscenza” e far ben sperare in un futuro migliore, ma occorre che l’artista sia libero da compromessi, crei caos, e conservi saldo il suo progetto.
La tua attività presenta molte dimensioni come sociologa, consulente, coordinatrice, counselor: cosa ci dici?
Fin da piccola sono sempre stata molto curiosa, aperta al mondo, ma discreta. Non ho mai apprezzato la tv, i luoghi chiusi e bui, preferivo l’aria aperta, il sole, la bici, la campagna, gli animali e da grande il mare. Crescere così può regalarti molti vantaggi, ma anche tante insicurezze. Avevo tanti sogni nel cassetto, avrei fatto la missionaria, il veterinario in qualche fattoria, l’insegnante di una scuola di paese, o il giudice minorile. Ereditavo nei miei geni il senso del dovere, la giustizia e la compassione, principi che da sempre muovono gesti e parole nel mio vivere quotidiano. Col crescere, la sete di sapere mi ha portato a sperimentare infinite dimensioni e relazioni, è stata la vita la mia palestra, le persone i Maestri. La sociologia, il counseling e la lettura mi hanno permesso di crescere e consolidare competenze e tecniche, ma la vera forza è arrivata dalla mia famiglia che mi ha sempre incoraggiato e sostenuto, lasciandomi libera di esprimermi. Forte dei valori, dell’educazione ricevuta e delle mie fragilità, non ho mai avuto paura di lasciare il mio porto sicuro, per imbattermi in un nuovo viaggio. Confesso, a ogni giorno che si conclude, affido una preghiera di ringraziamento, un bacio e un pensiero di pace che accompagni l’alba di domani.
Sei per l’ascolto o tendi a giudicare gli altri, amici, colleghi o conoscenti?
Sorrido. Chi mi conosce lo sa, parlo poco, amo ascoltare e osservare, il giudizio? Non mi appartiene. Credo nella spontaneità della relazione, che nasce da piccoli scambi, sguardi, gesti, ritmi, sensazioni, spazi e tempi. Un caro amico, maestro buddista, mi ripeteva spesso, che “avevo la buddità” , mi faceva sorridere questa espressione, non per la mia spiritualità, ma l’idea di una “cornice” mi faceva sentire un po’ stretta. A qualcosa di simile alludeva anche il Professore della mia scuola, Jerome Liss, medico e psichiatra americano, fondatore del Metodo Biosistemico. Fu lui a notarmi durante una conferenza e a volermi nel suo gruppo. Riusciva a percepire e contattare la bellezza più profonda delle persone, aveva visto qualcosa di innato dentro di me. Grazie a lui e ai miei docenti imparai l’arte dell’ascolto profondo, ad accogliere il silenzio, a cogliere ogni minimo gesto, a stare nella relazione senza fuggire, sulla scia di un flusso di coscienza profondo, che scavava e rigenerava. Questo e tanto altro ebbi la fortuna di conoscere.
Interessante il tuo incontro con il professor Jerome Liss. Come è avvenuto? Cosa ha suscitato in te?
Nel 2006 ero da poco tornata da Roma dopo la laurea, totalmente disorientata dal diverso contesto dal quale provenivo, partecipai incuriosita ad una conferenza e lì conobbi Jerome. Mi notò tra il pubblico rispondendo ad un mio intervento e a conclusione, mi propose di iscrivermi al corso di counseling. Scivolarono in fretta quei tre anni, tanta formazione e un profondo lavoro personale, che inevitabilmente mi rese consapevole di nodi ed esperienze che avevano contribuito alla persona che ero. Contemporaneamente, iniziai a collaborare con Stefano, presidente dell’associazione, mi diede la possibilità di coordinare le attività e sperimentarmi nella formazione, così negli ultimi anni, inizia a condurre corsi e seminari. Il legame profondo con Jerome era sempre vivo nonostante la distanza, non mancavo occasione per rivederlo e cercarlo. Dopo la sua scomparsa, faticai a restare, e dopo qualche tempo lasciai l’associazione. Continuo a studiare e quando possibile a frequentare corsi, è il mio modo per tenere vivo il ricordo di Jerome. E’ stato un grande maestro, il suo insegnamento è vibrazione e parte di me.
Le tue passioni sono la lettura, i viaggi, la cucina; poi, ci sono la Cultura e il volontariato. Ce ne parli?
Le mie passioni sono nutrimento per l’anima e il corpo, se parliamo di cucina. Ciascuna di essa rappresenta e parla di me. Amo leggere, a volte in modo disordinato anche più generi contemporaneamente, altre volte mi innamoro di un libro e non lo abbandono fino all’ultima pagina. Il mio studio è il luogo più bello di convivialità dove autori, poeti, artisti e musicisti prendono vita attraverso parole e musica. Amo viaggiare, scoprire posti nuovi, immergermi totalmente in quella porzione di mondo che si è concessa “a forestieri” scatti e esperienze di vita condivisa. La lettura, i viaggi e la cucina riempiono di colore quella sfera più intima che sfugge, all’immagine pubblica che gli altri hanno. Una splendida poetessa Gertud Wilker scriveva “…poi sono scesa in cantina a prendere le patate e mentre le sbucciavo, mi sono messa a pensare a versi belli e versi meno belli: che si possa parlare di purè di patate, di spolverare e lavare i calzini in una poesia? Sono cose che si fanno per amore della vita, non è vero? Però che strana, servirla, questa vita…lavare, fare l’arrosto, cucinare e scrivere versi, sempre con la stessa mano”. A proposito di “Fuori testo”! Un caro amico mi ha omaggiato di questa poesia, quando ha scoperto che non ero “l’intellettuale single” che pensava, ma preparavo biscotti e ciambellone per la colazione, pizza il sabato e menù vegetariani per parenti e amici. Mi chiedevi di volontariato e cultura, potrei alla luce di quanto detto scindere queste vocazioni da ciò che sono?
I tuoi ricordi piu’ belli legati all’arte, alla cultura. Il riconoscimento più gradito?
I “Ricordo, è una parola troppo importante, essa, letteralmente indica un movimento, un trasporto, un portare al cuore”. E’ lì che sono i miei ricordi più belli, legati a grandi emozioni difficile descrivere a parole; sono flash, profumi, lacrime e sussulti. Ciò che faccio non mostra visibilmente i suoi effetti, piuttosto sedimenta nelle persone un atteggiamento nuovo, un’attenzione, un’etica, una modalità di vivere con discrezione un sentimento nuovo, che a volte si fa contagioso.
Musica e scrittori: quali i tuoi “maestri”
Amo molto la musica classica e i grandi compositori, la scorsa estate allo Sferisterio di Macerata ho assistito al concerto del Maestro Ezio Bosso; disarmante la sua umanità e bellezza. Le dita scivolavano sulla tastiera accarezzandola, la musica vibrava nell’aria forte e prepotente, sulla pelle le emozioni di una storia dolorosa. Uno dei concerti più belli degli ultimi anni. Potrei trascorrere pomeriggi interi ad ascoltare Morricone o Einaudi senza alcuna sosta. Ma non mancano all’appello i grandi cantautori, De Andrè, Fossati, De Gregori, scoperti nella loro essenza grazie a mio marito, profondo e appassionato conoscitore, con il quale condivido questa passione. Accanto alla musica sempre presenti grandi storie; nell’ultimo anno ho avuto il privilegio di conoscere importanti poeti contemporanei e con loro si è aperto un nuovo mondo, che ha messo in discussione antiche credenze ereditate. Con la curiosità di sempre, seduta in religioso silenzio, ho lasciato che la voce del poeta raccontasse la storia, per uscire dalle meravigliose pagine che avevo tra le mani, e farsi carne. E’ così, che sto scoprendo la bellezza della poesia.
Se dovessi spiegare in poche righe il tuo pensiero filosofico ad un ragazzino, cosa gli diresti?
Amo leggere libri e poesie ai ragazzi che incontro nel mio lavoro; spesso quelle parole diventano piccoli appunti scarabocchiati o post-it appesi al frigo. Non mi preoccupo mai del destino di quei brevi messaggi di felicità, ma nel cuore ho sempre confidato che potessero, al momento giusto, regalare un po’ di gioia.
E così l’ultimo giorno di scuola ho trascritto questo messaggio alla lavagna:
“Non so nulla con certezza,
ma la vista delle stelle mi fa sognare.”
(V. Van Gogh)
Era per “i miei ragazzi” , il loro futuro e anche un po’ per me.
Interessi, progetti, visioni per il futuro. Poniti la domanda a cui avresti voluto risponderti … e poi rispondi
Negli ultimi due anni la mia vita è cambiata molto, ed io con lei. Non sono mancate le delusioni e alcuni rapporti di lavoro si sono conclusi, ma in compenso qualcosa di bello sta prendendo vita e sono molto felice di questo. Ti terrò aggiornato. Ad maiora!
Bruna Gerardinj
Giovanna è per me innanzi tutto una cara amica. Abbiamo condiviso la scuola di Counseling biosistemico( di cui lei è stata anche preziosa referente, puntuale e precisa, e al contempo dolce e premurosa); in seguito siamo rimaste sempre in contatto, in una splendida relazione affettiva e professionale. Un corso tenuto insieme nella scuola in cui lavoro(Le relazioni efficaci) rivolto agli insegnanti, ha lasciato un indelebile segno, direi proprio un profumo mai sentito nella scuola e continuano a chiedermi: ma quando torna, Giovanna? Mi ha sempre sostenuto e 'tutorato' nei miei amati progetti di alfabetizzazione emozionale agli alunni, sempre disponibile, sempre preziosa. Nell'intervista si racconta con l'elegante autenticità di sempre, ma, Giovanna è di più, voce, sguardo, sorriso e quell'impalbabile senso di riappacificazione col mondo che ti lascia addosso. Le voglio bene e le sono amica, ma non per questo parlo così di lei. È il contrario. Io sono una estremamente selettiva con le amicizie....