“Al vescovo, primo dispensatore dei misteri di Dio, moderatore, promotore e custode della vita liturgica nella Chiesa a lui affidata, compete di vigilare sulla qualità del pane e del vino destinati all’Eucaristia e, quindi, su coloro che li preparano”. È un passaggio della lettera che la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti ha inviato ai vescovi “sul pane e il vino per l’Eucaristia”. “Mentre finora sono state, in genere, alcune comunità religiose a prendersi cura di confezionare il pane e il vino per la celebrazione dell’Eucaristia – si legge nel testo – oggi questi si vendono anche nei supermercati, in altri negozi e tramite internet”. “Per non lasciare dubbi circa la validità della materia eucaristica”, viene suggerito di “dare indicazioni in merito, ad esempio garantendo la materia eucaristica mediante appositi certificati”. Ricordando le “norme circa la materia eucaristica” spiegate nell’Istruzione “Redemptionis Sacramentum” del 2004, la Congregazione ribadisce che “le ostie completamente prive di glutine sono materia invalida per l’Eucaristia” mentre “sono materia valida le ostie parzialmente prive di glutine” così come “il mosto, cioè il succo d’uva, sia fresco sia conservato sospendendone la fermentazione tramite procedure che non ne alterino la natura (ad esempio il congelamento)”. Confermato anche “che la materia eucaristica confezionata con organismi geneticamente modificati può essere considerata materia valida”. La Congregazione ricorda poi che “quanti confezionano pane e producono vino per la celebrazione devono nutrire la coscienza che la loro opera è orientata al Sacrificio Eucaristico e ciò domanda loro onestà, responsabilità e competenza”. Infine viene suggerito che, ad esempio, una Conferenza episcopale “possa incaricare una o più Congregazioni religiose o altro ente, di compiere le verifiche su produzione, conservazione e vendita del pane e del vino per l’Eucaristia” in un Paese e in quelli in cui vengano esportati.