Nel messaggio, diffuso dalla sala stampa vaticana a firma del cardinale Peter K.A. Turkson, prefetto del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, si ricordano le tante difficoltà di 1 milione e mezzo di marittimi, tra cui la lontananza dalla famiglia per lunghi periodi, con le mogli e madri costrette a crescere i figli da sole. Il Dicastero chiede ai cappellani di “sostenere la creazione di gruppi di mogli per aiuto e assistenza reciproca”. Altro aspetto preso in esame è l’utilizzo dei social media, che da una parte permette ai marittimi di rimanere in contatto con familiari e amici ma li separa e isola “gli uni dagli altri, poiché a bordo ciascuno vive in un suo mondo virtuale in cui cerca rifugio durante i momenti liberi”. “La nostra funzione – auspica il card. Turkson -, specialmente durante le visite a bordo, è di cercare di creare una ‘connessione umana’ e di rafforzare la ‘comunicazione umana’ tra i membri dell’equipaggio per evitare la solitudine, l’isolamento e la depressione, tutti fattori che possono portare al suicidio che, secondo un recente studio pubblicato in Gran Bretagna dal P & I Club, risulta essere la causa principale di morte tra i marittimi”. Inoltre, ricorda il prefetto, nonostante sia entrata in vigore la Convenzione del lavoro marittimo sui “requisiti internazionali minimi dei diritti umani e lavorativi dei marittimi, esistono ancora troppi casi di equipaggi ingannati sul salario, sfruttati e vittime di abusi nel loro posto di lavoro, ingiustamente criminalizzati per incidenti marittimi e abbandonati in porti stranieri”. “È nostro dovere – sottolinea – prestare tutta l’assistenza e il sostegno necessari agli equipaggi che subiscono privazioni e vivono difficoltà, invitiamo le autorità marittime a prestare maggiore attenzione e ad essere più vigilanti per prevenire gli abusi e riparare le ingiustizie”.