DIOCESI – Lectio delle Monache Clarisse del monastero Santa Speranza in San Benedetto del Tronto sulle letture di domenica 15 luglio.
La liturgia di questa domenica ci fa incontrare un Dio “abbondante”: Lo leggiamo nel Salmo responsoriale: «Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi delle sue ricchezze. Il fiume di Dio è gonfio di acque […] … i tuoi solchi stillano abbondanza … i prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di messi …».
Il nostro Dio è un seminatore “abbondante” e instancabile: abbondante è il seme sparso, abbondante il lavoro compiuto perché il seme attecchisca, abbondanti il raccolto e i frutti.
Scrive il profeta Isaia: «… così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata». C’è una Parola, la Sua Parola, che il Signore ci elargisce a piene mani, ogni giorno, abbondantemente, senza paura di sprecare nulla. Una Parola da cui lasciarsi dissetare, fecondare, lavorare, affinché possa dare «frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno».
Certo, non è un lavoro indolore! Leggiamo, infatti, ancora nel Salmo: «Così prepari la terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli».
C’è un’acqua da cui lasciarsi penetrare, fin dentro le midolla, un’acqua che disseta, rinfresca ma che, a volte, smotta il terreno che è la nostra vita, gli cambia assestamento…
Ci sono dei solchi, fatti da un aratro che segna, ferisce, rivolta da capo a piedi, più e più volte…
Ci sono delle zolle da spianare, della terra da sgretolare, frantumare perché diventi terra buona e capace di generare…
C’è il seminatore che non si stanca mai di seminare, che non lesina sulla quantità di seme, un Dio che semina sulla strada trafficata dei nostri pensieri, un Dio che semina sopra la roccia dura del nostro peccato più nascosto, tra le spine dei nostri affetti sempre più aggrovigliati tra interessi ed egoismi, un Dio che spande seme a piene mani perché possa arrivare a cadere sul terreno buono, vergine che ciascuno ha dentro la propria vita, che ciascuno é.
C’è un lavoro faticoso, da parte nostra, da fare…c’è un Dio che non ci molla… affinché venga fuori, si faccia avanti, quel terreno in cui il seme può morire e rinascere, un terreno che si lasci lavorare, che accetti di mettersi in gioco nelle mani di un Dio che non cessa mai di elargire grazia su grazia, sempre e ovunque.
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